«La morte è un’implacabile st*****»
25 anni dopo il primo “Final Destination”, a maggio uscirà il sesto episodio della saga horror che ebbe un gran successo commerciale

Il prossimo 15 maggio nei cinema italiani uscirà Final Destination: Bloodlines, il nuovo episodio della fortunata saga horror incentrata sull’inevitabilità della morte, e su come i personaggi cercano di ingannarla. Sarà il sesto episodio del franchise cominciato venticinque anni fa, nonché il primo dal 2011: seppur con molti limiti, Final Destination e i suoi sequel ebbero un enorme successo commerciale, e quello di questo episodio è diventato in fretta uno dei trailer di film horror più visti di sempre.
«La morte è un’implacabile figlia di puttana. Non si ferma finché non ha finito il lavoro», dice nel trailer una delle protagoniste del film, che racconta di aver evitato la morte di molte persone grazie alle sue premonizioni. Final Destination si può considerare uno slasher sui generis, fa cioè parte di quel sottogenere dell’horror in cui il cattivo è un assassino seriale, spesso mascherato, che però in questo caso si manifesta attraverso le situazioni che portano alla morte dei protagonisti, spesso in circostanze ridicole, assurde o apparentemente innocue.
L’idea dietro alla saga infatti è che alla morte non piaccia quando le si mandano all’aria i piani così, se un personaggio è destinato a morire, si innesca una intricata sequenza di eventi che porterà irrimediabilmente a ucciderlo.
Vetri rotti, tosaerba minacciosi e barbecue a rischio di incendio sono tra i pericoli che si vedono nel trailer del nuovo film, che è uscito martedì in contemporanea in 65 paesi (e si può vedere qui in inglese). Stando a quanto riferisce Deadline, nel giro di 24 ore ha totalizzato quasi 180 milioni di visualizzazioni, secondo per visite giornaliere solo dietro al trailer di It, il film horror del 2017 tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King; in base alle informazioni di Deadline, sono incluse anche le visualizzazioni su TikTok, un social network che può fare la differenza in termini di promozione e fermento attorno a un film, e dove in effetti moltissimi utenti hanno già iniziato a commentarlo.
In Final Destination: Bloodlines non ci sono attrici o attori particolarmente noti, e il progetto più significativo a cui hanno lavorato i due registi, Adam Stein e Zach Lipovsky, è Freaks, un dramma psicologico del 2018 con Emile Hirsch e Bruce Dern (che non ha niente a che fare con il celebre film del 1932). Il ritorno del franchise aveva cominciato a creare una certa aspettativa già dal teaser trailer diffuso a febbraio.
Negli Stati Uniti Final Destination uscì il 17 marzo di venticinque anni fa, e in Italia il successivo 13 maggio. Era diretto da James Wong, che aveva scritto la sceneggiatura assieme a Glen Morgan: entrambi avevano lavorato come autori e produttori sulla celebre serie di fantascienza X-Files, e per scrivere il film si erano basati su una storia di Jeffrey Reddick, che a sua volta era stato ispirato dal racconto di una donna scesa da un aereo poi precipitato perché, disse, aveva avuto una premonizione.
Il primo film raccontava proprio la storia di un gruppo di studenti che sarebbero dovuti morire a bordo di un aereo, riuscendo a mescolare fantascienza, horror e temi adolescenziali che in quel periodo andavano molto forte: negli Stati Uniti rimase tra i primi dieci film più visti per sette settimane, e a livello globale fece guadagnare 112 milioni di dollari di allora (quasi 200 milioni di euro oggi). I quattro film successivi fecero guadagnare più di 90 milioni di dollari ciascuno.
Alcuni critici apprezzarono il primo film per il senso di suspence e per i colpi di scena, mentre nonostante il successo di botteghino molti lo presero per quello che era: un film mediocre, senza grandi ambizioni e «drammaticamente piatto, anche per gli standard grezzi degli horror per teenager», scrisse per esempio il New York Times. Anche l’ultimo, Final Destination 5, del 2011, fu visto da alcuni come noioso e ripetitivo, e da altri né più e né meno di ciò che il pubblico affezionato alla saga si sarebbe aspettato.
Pur senza interpretazioni memorabili, Final Destination contribuì anche ad avviare la carriera di alcuni giovani attori, in particolare Devon Sawa, Ali Larter e Kerr Smith.
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