La difficile ricerca di un «Joe Rogan della sinistra»

Tra i progressisti statunitensi si parla da mesi di come raggiungere i giovani uomini, che lo scorso novembre hanno votato in larga parte per Donald Trump

(The Joe Rogan Experience)
(The Joe Rogan Experience)
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Da mesi, negli Stati Uniti, molte persone che si occupano di politica e attivismo in campo progressista hanno cominciato a farsi una domanda: cosa fare per attirare l’interesse e, idealmente, il voto, dei giovani uomini che da qualche anno tendono a votare più a destra delle giovani donne, in America ma non solo?

La domanda parte principalmente da due dati: il primo è che nel 2020 il candidato Democratico Joe Biden aveva ottenuto 11 punti percentuali in più di Donald Trump tra i giovani maschi (tra i 18 e i 29 anni), ma soltanto quattro anni dopo Trump ha ottenuto nella stessa fascia demografica 2 punti più di Kamala Harris. Il secondo è che molti di questi uomini non si identificano necessariamente come conservatori: secondo Daniel Cox, che da anni si occupa di sondaggi e opinione pubblica presso l’American Enterprise Institute, tra i giovani uomini che si identificano come moderati 6 su 10 hanno votato per Trump. Tra quelli che si considerano liberali, uno su cinque ha votato per Trump.

Le ragioni di questo slittamento sono diverse e stratificate, ma nel caso delle elezioni del 2024 sono due in particolare: la prima è che molti giovani uomini sentono che non c’è spazio per loro nel campo progressista, che percepiscono come disinteressato ai loro problemi e troppo politicamente corretto. La seconda è che Trump è stato particolarmente bravo a raggiungerli e a dare l’idea di prendere sul serio le loro preoccupazioni, soprattutto grazie alle sue frequenti apparizioni sui canali di podcaster, streamer e creatori di contenuti molto famosi, seguiti quasi esclusivamente da giovani uomini.

Per questo, molti hanno cominciato a suggerire che ci sia bisogno di un investimento molto maggiore nel genere di media amato da questo pubblico: la sinistra statunitense, insomma, avrebbe bisogno di «un proprio Joe Rogan». Il riferimento è al creatore e conduttore del podcast più popolare del paese, The Joe Rogan Experience, che ha un pubblico quasi esclusivamente maschile e alle scorse elezioni ha appoggiato apertamente Trump, presentandosi anche alla sua cerimonia di insediamento.

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L’idea di alcuni progressisti americani, insomma, è quella di cercare (ed eventualmente finanziare) personaggi e creatori di contenuti che impersonino un certo tipo di mascolinità e siano vicini a interessi stereotipicamente maschili (come i videogiochi e lo sport) pur mantenendo posizioni progressiste, e che sappiano raggiungere i giovani maschi negli spazi online che frequentano di più. Personaggi che possano piacere a un certo tipo di elettore, che il giornalista del New Yorker Andrew Marantz descrive come «il classico tipo anticonformista che vuole avere sia la libertà di avere amici gay che quella di usare “gay” come insulto, che odia l’idea che la sua moralità venga giudicata dalla destra religiosa ma anche da una sinistra con il ditino alzato».

Rogan si considera tuttora «la persona più liberale dal punto di vista sociale che possiate immaginare», e storicamente ha espresso posizioni aperte nei confronti della liberalizzazione delle droghe, del diritto all’aborto e della libertà sessuale. Ha spesso criticato Israele nel contesto della guerra nella Striscia di Gaza, e nel 2020 sostenne la candidatura alle presidenziali del Democratico Bernie Sanders, un uomo considerato parecchio a sinistra per gli standard della politica statunitense. Per questo, alla domanda «chi può essere il Joe Rogan della sinistra» c’è chi ha risposto provocatoriamente che il Joe Rogan della sinistra avrebbe potuto essere lo stesso Rogan. 

Rogan però è anche un grande oppositore della cosiddetta “ideologia woke”, e sostiene l’assolutezza del principio della libertà di espressione in un modo poco compatibile con i valori attualmente più condivisi tra i Democratici: nel tempo per esempio ha usato insulti razzisti e sostenuto teorie complottiste e antiscientifiche sui vaccini per il Covid. Oltre a ospitare regolarmente persone di estrema destra, compresi vari membri dell’amministrazione Trump, aumentando drasticamente il pubblico delle loro teorie, è per esempio molto vicino ai conservatori su questioni come i diritti delle persone trans.

Non è insomma una persona affine alla sinistra, nemmeno quella statunitense, e infatti le persone progressiste ospitate dal suo programma vengono duramente criticate da attivisti e alleati politici. Quando Sanders accettò di andarci, nel 2019, «i progressisti online si infuriarono con lui per essere andato da Rogan» perché il podcaster « era transfobico, un islamofobo, un sessista, un razzista, il tipo di persona che vorresti emarginare, non con cui vorresti chiacchierare», ha riassunto il giornalista Ezra Klein. Allo stesso tempo, a Kamala Harris è stato poi rimproverato di non esserci andata, perché sarebbe stato un modo per parlare a un elettorato diverso dal suo.

Uno dei problemi, quindi, è la difficoltà della sinistra di accordarsi sui compromessi da accettare – tipo parlare con Rogan – per pensare di raggiungere e convincere abbastanza elettori da poter ottenere una maggioranza e vincere le elezioni. Tra questi compromessi c’è anche il livello di semplificazione accettabile per trasmettere un messaggio progressista: quanto insomma sia giusto costruire una retorica che assomigli a quella di un “populismo di sinistra”, espressione intesa in questo caso in senso neutro o positivo.

Un altro problema ancora poi è che i contenuti di destra online – siti, podcast, canali YouTube e TikTok, think tank che pubblicano video e infografiche – ottengono enormi finanziamenti da donatori vicini al Partito Repubblicano, mentre i creator di sinistra solitamente hanno pochi contatti con il Partito Democratico e lavorano da soli, senza particolare sostegno istituzionale.

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Secondo l’analista progressista Waleed Shahid, che ha lavorato alle campagne elettorali di Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez, uno dei problemi centrali dei Democratici è che al contrario dei Repubblicani tengono a distanza quei personaggi di sinistra che condividono posizioni populiste o anti-sistema, per quanto quelle posizioni possano essere popolari tra gli elettori e contribuire ad attirare l’attenzione verso il campo progressista. «L’ecosistema mediatico della destra è spudoratamente ideologico, intenzionalmente ribelle e molto ben finanziato. Quello della sinistra rimane reattivo, frammentato e deferente nei confronti del Partito Democratico», riassume Shahid.

«Quello che ci manca sono dei media guidati dalla personalità forte di chi li produce: conduttori, creator e narratori capaci di costruire relazioni parasociali con i propri follower e plasmare la loro identità politica», aggiunge. Tra le persone che non lo fanno, e che quindi considera interessanti, Shahid cita progetti come The Majority Report with Sam Seder, lo show Roland Martin Unfiltered, il podcast Pod Save America e la newsletter di Mehdi Hasan Zeteo. Altri hanno citato anche media che non producono necessariamente contenuti politici, ma che hanno comunque delle posizioni progressiste quando toccano questi temi, come il canale YouTube RedLetterMedia, il critico musicale Anthony Fantano e il comico Sam Reich, fondatore del sito Dropout, dedicato a contenuti comici.

Il personaggio più citato – non solo da lui – è però uno: Hasan Piker, che ha 33 anni ed è uno degli streamer più seguiti al mondo su Twitch. Piker, che è turco-statunitense, passa in media otto ore al giorno in streaming, a parlare con i propri follower un po’ di tutto: gioca ai videogiochi live, condivide consigli sugli allenamenti da fare in palestra, su come vestirsi o su come chiedere alle ragazze di uscire; commenta l’attualità, le serie tv, i nuovi film usciti. È muscoloso, ben vestito, ricco, piacente: coincide, insomma, con un determinato ideale di mascolinità.

Gran parte dei suoi milioni di follower (2,8 soltanto su Twitch, 1,6 su YouTube) sono giovani uomini. Come succede con altri famosi creatori di contenuti, molti non si sono avvicinati a lui per le sue posizioni politiche, ma per la sua personalità, il suo carisma e la sua capacità di dare ai follower l’impressione di partecipare a una chiacchierata con un amico, ovvero di creare una cosiddetta relazione parasociale. Al contrario di gran parte degli streamer statunitensi del suo calibro, però, Piker è un uomo di sinistra, con delle posizioni anche piuttosto radicali per gli standard statunitensi. 

«I giovani si sentono sempre più alienati. Non possono permettersi né l’università né l’affitto, non riescono a trovare qualcuno con cui uscire, non riescono a immaginarsi una stabilità futura. E la destra è sempre lì a dire loro: “Sì, è giusto che siate arrabbiati, e il motivo per cui la vostra vita fa schifo sono gli immigrati, o il fatto che i ragazzi trans possano fare sport. E tutto ciò che i Democratici rispondono di rimando è: “No, state zitti, la vostra vita va benissimo, siate felici”», ha detto Piker in una recente intervista al New Yorker. «La mia posizione invece è questa: “Senti, arrabbiati pure, se vuoi. Ma il problema qui non è il tuo vicino di casa immigrato. Te la stai prendendo con le persone sbagliate”». 

Al contempo, ci tiene a poter usare le parole che vuole: per anni ha usato “retarded” (“ritardato”), tuttora usa “get some pussy” (“procurarsi un po’ di figa”). Quando qualcuno nei commenti prova a ricordargli che certe parole non andrebbero usate, può capitare che Piker risponda sarcasticamente: «Congratulazioni, hai vinto il premio Woke del Giorno». La sera delle elezioni statunitensi, il suo stream era uno dei dieci più guardati di tutta la piattaforma: tutti gli altri erano tenuti da creator di destra.

Piker, però, è una persona sola, per quanto prolifica. I creatori di contenuti di destra sono molti di più, anche perché il loro è un lavoro più facile: su molte questioni, dall’immigrazione ai diritti delle persone trans, la retorica di destra è più immediata e semplice da comunicare. Le risposte della sinistra sugli stessi temi sono più complesse e meno soddisfacenti, e quindi difficili da trasmettere con la stessa autenticità e efficacia. Il risultato è che spesso gli attivisti di sinistra articolano i loro messaggi in modo prescrittivo e dogmatico, pretendendo che chi ascolta li accetti così come sono, anche quando sono controintuitivi.

A volte una conseguenza di questo approccio è che chi non è d’accordo, o esprime dei dubbi, viene escluso e inserito tra gli avversari, anche se proviene dalla stessa parte politica. L’intransigenza di parte dell’attivismo progressista americano ha fatto insomma sì che chi vuole diventare un grosso personaggio pubblico di sinistra debba gestire frequenti critiche provenienti dagli alleati, cosa di cui invece i personaggi di destra non devono solitamente preoccuparsi.

Se costruire una retorica semplice e convincente su certi temi importanti per la sinistra è difficile, però, per altri altrettanto identitari lo è di più: in tanti, anche alla luce della netta sconfitta alle presidenziali del 2024, chiedono che i progressisti e il Partito Democratico rendano più centrali nella propria proposta politica le diseguaglianze economiche e la crisi climatica. «La soluzione per la crisi del Partito Democratico non è inondare il mercato dei social media, ma cambiare le sue politiche» ha detto Piker in un’intervista. «Occupandosi delle sofferenze materiali che le persone vivono ogni giorno. Riconoscendo quel dolore e mostrando perché i Repubblicani non stanno aiutando le persone».

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