Com’è che Trump ha ceduto sui dazi
Principalmente per timore dei crolli dei mercati, e dopo una delicata opera di convincimento di alcuni consiglieri

Quando mercoledì il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato una sospensione di 90 giorni su buona parte dei dazi imposti pochi giorni prima, i suoi collaboratori hanno cercato di presentare la decisione come una strategia geniale. «Era il piano fin dall’inizio», ha detto il segretario al Tesoro Scott Bessent. «Avete appena assistito alla più grande strategia economica mai realizzata da un presidente americano», ha detto il consigliere di Trump Stephen Miller.
In realtà, come hanno mostrato varie ricostruzioni, Trump ha ceduto sui dazi dopo giorni di crolli dei mercati principalmente perché spaventato dalla possibilità di una crisi finanziaria prolungata e di una recessione dell’economia. La decisione è stata presa mercoledì mattina: Trump stesso, dopo l’annuncio, ha detto che è stata «più che altro una cosa istintiva». Molti dei suoi più fidati collaboratori non hanno saputo niente della sospensione fino a poco prima che fosse annunciata; altri l’hanno scoperto dai giornali.
Il cambio di decisione di Trump sui dazi è comunque stato un’opera di convincimento durata alcuni giorni, soprattutto da parte del segretario al Tesoro Scott Bessent e di quello al Commercio Howard Lutnick, entrambi ex finanzieri.
Quando mercoledì scorso Trump ha annunciato i suoi dazi, anche dentro alla Casa Bianca nessuno era sicuro di quale fosse la sua strategia. Per giorni Trump si era mostrato sicuro della sua decisione. Aveva detto privatamente che era pronto a sopportare le perdite dei mercati, e che sarebbero state uno shock di breve durata: ben presto l’economia si sarebbe accorta del successo del suo piano economico.
Dopo i primi giorni di crolli sui mercati, però, Bessent e Lutnick hanno capito che lo shock di breve durata sarebbe potuto andare avanti per mesi, provocando una recessione. Domenica Bessent ha cominciato a parlare con Trump della possibilità di rimodulare i dazi, facendo leva sulla sua vanità da negoziatore: gli ha detto che nessuno era più bravo di lui a stringere affari, e che decine di paesi del mondo erano pronti a trattare con gli Stati Uniti per ridurre lo squilibrio commerciale.
Questa retorica ha avuto presa sul presidente, che a partire da lunedì ha cominciato a dire in pubblico che decine di paesi volevano fare accordi con lui, e che erano tutti pronti a «leccargli il culo».
Ancora mercoledì mattina, però, Trump era convinto che la sua strategia sui dazi fosse quella giusta, e che il crollo dei mercati non sarebbe stato un problema sul lungo periodo. Di lì a breve sono successe un paio di cose che gli hanno fatto cambiare idea. La prima è stata il forte aumento dei rendimenti dei titoli di stato americani a 10 anni. I titoli di stato sono il debito che uno stato emette per finanziarsi sui mercati, e sono un po’ un indicatore della stabilità di un’economia: se il loro rendimento aumenta vuol dire che vengono considerati più rischiosi, e che lo stato che li emette non è ritenuto molto stabile.
L’aumento del rendimento dei titoli di stato significava che i disastri provocati dai dazi non stavano intaccando soltanto i mercati finanziari, ma anche la fiducia generale nell’economia americana, con conseguenze potenzialmente gravi.
Alcune ricostruzioni scrivono anche che Trump si sia fatto influenzare da una mossa astuta di Jamie Dimon, l’amministratore delegato di JPMorgan Chase e probabilmente il banchiere più potente del mondo. Dimon è andato mercoledì mattina a Fox News, canale televisivo che Trump guarda in continuazione, e ha detto che, pur concordando con il presidente sulla necessità di sistemare gli squilibri commerciali degli Stati Uniti, la sua politica dei dazi stava rendendo «probabile» una recessione. Poche ore dopo Trump ha detto che Dimon «è molto intelligente, è un genio della finanza», e che aveva «capito quello che sto facendo».
La decisione di sospendere i dazi è stata presa mercoledì mattina in poco tempo, in una riunione con Trump, Bessent, Lutnick e Kevin Hassett, il direttore del Consiglio economico nazionale. Trump ha annunciato la sospensione sul suo social Truth, in un messaggio che, ha detto, è stato scritto «con il cuore» assieme a Bessent e Lutnick, senza consultare esperti o avvocati. Erano le 13:18 a Washington.

Il post su Truth con cui Trump ha annunciato la sospensione dei dazi
È andato tutto così veloce che quasi tutti alla Casa Bianca e al Congresso sono stati colti di sorpresa. Quando Trump ha fatto l’annuncio era in corso al Congresso un’audizione di Jamieson Greer, il rappresentante per il Commercio, che stava difendendo con decisione i dazi. A un certo punto il deputato Democratico Steven Horsford gli ha chiesto se sapeva che i dazi erano stati sospesi, e Greer ha ammesso di averlo scoperto soltanto qualche minuto prima.
Trump, dopo l’annuncio, ha spiegato piuttosto candidamente perché ha deciso di sospendere i dazi, ammettendo di fatto di avere ceduto alla pressione provocata dal crollo dei mercati e dalle preoccupazioni sui titoli di stato: «Beh, ho pensato che la gente si stava preoccupando un po’ troppo. Stava diventando un po’ agitata, sapete, un po’ troppo agitata. Si stava spaventando».
Ha aggiunto però che «non è finita». Nonostante la ritirata di ieri, il presidente è ancora convinto che i dazi siano la risposta ai problemi economici degli Stati Uniti. La sospensione dura 90 giorni, fino a luglio.