Oggi siamo più preparati a un’eruzione come quella dell’Eyjafjallajökull
15 anni fa il vulcano islandese impronunciabile causò un blocco del traffico aereo che non dovrebbe più ripetersi

In questi giorni di aprile di 15 anni fa il traffico aereo in Europa e sull’Atlantico era totalmente bloccato a causa di una enorme nube di ceneri prodotta dall’eruzione dell’Eyjafjallajökull, un vulcano islandese turbolento quanto impronunciabile. Il blocco iniziò il 15 aprile 2010 e proseguì per cinque giorni, segnando la più grande interruzione dei trasporti aerei dalla Seconda guerra mondiale. Fu un problema enorme che dimostrò la fragilità di alcuni dei sistemi di gestione del traffico aereo, ma negli anni seguenti è diventata l’occasione per ripensare il modo in cui vengono gestite emergenze di questo tipo e si fanno le valutazioni del rischio. Secondo molti esperti, una situazione caotica come quella del 2010 non si ripeterebbe.
L’Eyjafjallajökull aveva iniziato a produrre un’eruzione contenuta, per quanto esplosiva, alla fine di marzo del 2010, ma era poi entrato in una fase di attività più intensa a partire da metà aprile con la produzione di un’alta colonna di gas e ceneri, che a causa delle correnti sull’oceano Atlantico si erano diffuse verso l’Europa. Le ceneri erano rimaste per giorni in sospensione alla quota cui volano solamente gli aerei di linea, di conseguenza le autorità per il controllo del volo europee decisero di bloccare quasi interamente il traffico aereo.
In poche ore chiusero circa 300 aeroporti in giro per l’Europa e nei giorni seguenti furono cancellati oltre 100mila voli, non solo previsti tra le destinazioni europee, ma anche quelle verso altri continenti. I voli intercontinentali non potevano partire dall’Europa e quelli provenienti da altri paesi non potevano raggiungere gli aeroporti europei. Circa 10 milioni di persone furono costretti a rinunciare ai loro viaggi, con perdite stimate in oltre 2,7 miliardi di euro per le compagnie aeree. Nemmeno dieci anni dopo, le stesse compagnie dovettero fare i conti con un’altra emergenza molto costosa, la pandemia da coronavirus, bloccando buona parte dei loro voli (le conseguenze sui prezzi dei biglietti sono tuttora evidenti).

L’estensione raggiunta dalla nube di ceneri, il puntino rosso indica la posizione del vulcano Eyjafjallajökull (Wikimedia)
All’epoca le regole per la sicurezza del volo erano molto stringenti e non prevedevano la possibilità di volare in presenza di ceneri vulcaniche nell’atmosfera. In precedenza c’erano stati casi di eruzioni, ma su scala locale, di conseguenza quelle forti limitazioni non avevano avuto particolari effetti sull’intero sistema dell’aviazione civile.
Il divieto di volo in presenza di ceneri era una precauzione dovuta al rischio che le polveri potessero essere aspirate dalle turbine degli aerei, danneggiando i motori e mettendo a rischio i loro occupanti. Non c’erano però molte ricerche e dati per capire quale fosse il rischio effettivo di un volo tra le ceneri, per questo alcune compagnie aeree e – soprattutto – i produttori dei motori iniziarono a effettuare test e simulazioni per stabilire livelli di sicurezza accettabili, a seconda della concentrazione delle ceneri nell’aria.
Uno dei più grandi fornitori di motori per aerei al mondo è Rolls Royce e sottopone i propri prodotti a numerosi test di durata, resistenza e sicurezza. La società organizzò test per verificare come i motori reagivano al passaggio in aree contenenti polveri vulcaniche e fornì dati importanti alle autorità per la sicurezza del volo. Il 20 aprile 2010, dopo circa cinque giorni di blocco aereo in Europa, si decise di consentire il passaggio degli aerei in aree dell’atmosfera in cui era disperso un massimo di 2 milligrammi di cenere per metro cubo. Gli aeroporti tornarono operativi, ma furono necessari alcuni giorni per riassorbire gli effetti della chiusura e ripristinare buona parte delle rotte.
Le conoscenze maturate durante quell’emergenza e le successive analisi portarono a una importante revisione delle regole sulla sicurezza del volo, in caso di eruzioni vulcaniche con effetti diffusi nell’atmosfera. La chiusura dello spazio aereo è ora considerata una soluzione estrema, da adottare solo in caso di concentrazioni molto alte di ceneri, e si è passati a un approccio più flessibile e basato su una maggiore attenzione della valutazione del rischio.
Istituzioni come Eurocontrol, che in Europa ha la delega per il coordinamento del controllo aereo, lavorano su mappe della concentrazione delle cenere organizzate in base a tre livelli di pericolo: basso, medio e alto. Le mappe sono realizzate tenendo conto delle aree in cui si verificano eruzioni vulcaniche e dell’andamento delle correnti atmosferiche, che possono far disperdere le ceneri per centinaia e talvolta migliaia di chilometri. I dati vengono raccolti dagli aerei stessi, ma anche da stazioni di rilevamento al suolo e dai satelliti, che possono fornire in poche decine di minuti aggiornamenti sulle concentrazioni di polveri in specifiche aree dell’atmosfera.
Dopo il 2010 si è inoltre scelto di dare maggiore autonomia di scelta alle compagnie aeree, che possono decidere o meno di far volare gli aerei in base alle loro caratteristiche e alle valutazioni di chi produce specifici componenti, a cominciare dai motori. Le compagnie aeree devono sottoporre i loro piani di mitigazione del rischio alle autorità di controllo del volo, elencando i provvedimenti che intendono attuare per continuare a volare. Nei piani devono essere indicate analisi sulla tolleranza alla cenere dei motori e dei principali sensori degli aerei, la stima del tempo di volo previsto nelle zone interessate, la possibilità di scegliere quote diverse per ridurre i passaggi nelle nubi di ceneri e pratiche aggiuntive di ispezione e manutenzione degli aerei.

L’eruzione dell’Eyjafjallajökull il 17 aprile 2010, Islanda (Rakel Osk Sigurda/NordicPhotos/Getty Images)
Se si dovesse verificare qualcosa di paragonabile al 2010 ci potrebbero quindi essere alcune compagnie aeree che continuano a volare, e aerei di altre compagnie che rimangono a terra. Molto dipende infatti dalle flotte, quindi dai modelli di aerei, e dalla possibilità di riorganizzare alcune rotte rispetto ad altre.
Eurocontrol ha stimato che se dovesse verificarsi oggi un’emergenza come quella dovuta all’eruzione dell’Eyjafjallajökull i voli cancellati potrebbero essere meno della metà rispetto al 2010, con un risparmio di circa 1,5 miliardi di euro. Naturalmente eruzioni con una produzione ancora maggiore di ceneri avrebbero ugualmente forti conseguenze, con un rischio comunque alto di dover interrompere una parte importante del traffico aereo.