L’India ha attaccato il Pakistan
Ha colpito alcune zone da cui sostiene siano partiti gli attentati terroristici di aprile, e il Pakistan ha risposto: più di 30 persone sono state uccise

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Martedì sera l’esercito indiano ha compiuto un attacco missilistico contro il Pakistan in cui sono state uccise almeno 31 persone e ne sono state ferite 57. L’India l’ha definita una ritorsione per gli attentati terroristici compiuti lo scorso 22 aprile a Pahalgam, nel Kashmir indiano, in cui erano stati uccisi 26 turisti: l’attacco era stato attribuito a un gruppo terroristico che secondo l’India è sostenuto dal Pakistan.
Il primo ministro del Pakistan, Shehbaz Sharif, ha definito l’attacco dell’India un «atto di guerra». L’esercito pakistano ha detto di essere stato autorizzato dal governo a rispondere, citando l’articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite che sancisce il diritto degli stati a difendersi da un attacco armato. In un discorso alla nazione, Sharif ha detto anche che l’attentato di Pahalgam non aveva niente a che fare con il Pakistan, e che il suo paese è stato accusato ingiustamente.
L’India ha chiamato l’offensiva avviata martedì sera “Operazione Sindoor”: ha detto di avere colpito nove siti sia in Pakistan che nel Kashmir pakistano, e ha aggiunto che tra gli obiettivi non ci sono siti dell’esercito pakistano, ma solo luoghi usati da gruppi di terroristi. Il capo del gruppo separatista Jaish-e-Mohammed, responsabile di uno dei peggiori attacchi terroristici nel Kashmir indiano, compiuto nel 2019, ha detto che gli attacchi hanno ucciso dieci suoi famigliari. È comunque probabile che il numero totale dei morti aumenti.
Tra martedì e mercoledì sono stati sparati colpi di artiglieria in diversi punti lungo la “linea di controllo” che separa il Kashmir indiano e pakistano, sia da parte pakistana che indiana: l’India ha detto che i colpi sparati dal Pakistan nel Kashmir indiano hanno ucciso almeno 15 persone e ne hanno ferite più di 40. Il Pakistan ha anche detto di aver abbattuto cinque aerei militari indiani e un drone.
Il Pakistan ha detto che gli attacchi indiani hanno colpito anche il capoluogo del Kashmir pakistano, Muzaffarabad, la località kashmira di Bagh e le città di Muridke e Bahawalpur, che si trovano nella regione del Punjab. Un residente di Muridke ha detto a BBC che uno dei missili indiani è caduto su un complesso con una scuola, un college e alcune case: 9 persone sono state evacuate. Sono state colpite anche diverse moschee.
In India sono stati attivati i sistemi di difesa antiaerea e sono stati chiusi alcuni aeroporti della regione ai civili, oltre alle scuole lungo le zone di confine, dove centinaia di persone hanno cominciato ad abbandonare i centri abitati. L’autorità aeronautica pakistana ha detto che tutti gli aeroporti del paese sono tornati operativi e che il suo spazio aereo è sicuro. Nonostante questo circa 550 voli previsti per mercoledì sono stati cancellati: almeno 135 da e per il Pakistan e 417 da e per l’India.
Il Kashmir è una regione contesa da decenni tra India e Pakistan. È a maggioranza musulmana, come il Pakistan, mentre il resto dell’India è prevalentemente induista. In passato vari gruppi separatisti appoggiati dal Pakistan avevano compiuto attacchi anche molto violenti, ma negli ultimi anni sono diminuiti.
Gli attentati terroristici del 22 aprile, in particolare, sono stati rivendicati dalla “Resistenza del Kashmir”, un gruppo piccolo e poco noto ma legato al più grande Lashkar-e-Taiba. Il nome dell’operazione deriva proprio da questo: “sindoor” è il nome dell’impasto usato dalle donne hindu per dipingersi in fronte il pallino rosso nel giorno del matrimonio, in ricordo delle mogli degli uomini uccisi in quegli attentati. Il Pakistan ha negato il suo coinvolgimento e le accuse rivoltegli dall’India.
A lungo la Costituzione indiana ha assegnato uno “status speciale” al Kashmir, che tra le altre cose gli garantiva un altissimo grado di autonomia. Questo però è stato revocato dal governo nazionalista di Narendra Modi nel 2019. Dopo la revoca la regione è stata divisa in due “territori”: il Jammu e Kashmir e il Ladakh.
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