• Mondo
  • Martedì 6 maggio 2025

Il voto estero romeno sta con il candidato dell’estrema destra

È successo alle ultime elezioni in diversi paesi, anche in Italia: c'entra la disaffezione verso i partiti istituzionali

George Simion durante un comizio dello scorso 14 marzo
George Simion durante un comizio dello scorso 14 marzo (Andrei Pungovschi/Getty Images)
Caricamento player

Se al primo turno delle elezioni presidenziali in Romania di domenica avessero votato solo i cittadini romeni all’estero, non sarebbe servito il ballottaggio. George Simion, il candidato nazionalista ed euroscettico dell’Alleanza per l’unità dei romeni (AUR), ha ottenuto il 60%, e in paesi come l’Italia, la Germania e la Spagna ha superato il 70%. All’estero vive circa un quinto della popolazione della Romania, più di 5,7 milioni di persone: i loro voti sono tanti, quindi molto influenti.

A questo giro non solo hanno fatto andare benissimo Simion, ma hanno anche mandato al ballottaggio il candidato indipendente Nicușor Dan invece che quello della coalizione di governo Crin Antonescu, inizialmente favorito.

I rappresentanti della comunità romena in Italia con cui ha parlato il Post concordano su una cosa: quello di domenica è stato un voto di protesta, dipeso soprattutto dal rigetto dei partiti istituzionali che hanno governato ininterrottamente negli ultimi 36 anni, cioè dall’abbattimento del regime comunista in poi. «Sono girati sempre gli stessi partiti, e la gente si è stufata», riassume Florin Tătaru, presidente dell’associazione ADER Italia, che ha sede a Roma.

«Sono anni che la diaspora chiede più attenzione e un cambiamento», conferma il presidente dell’associazione Romania-Lombardia, Robert Raducescu, che è anche coordinatore nazionale delle 44 associazioni romene in Italia. Secondo Raducescu una parte della popolazione romena considera il dominio politico dei Socialdemocratici (PSD) e del Partito Nazionale Liberale (PNL, centrodestra) «come una forma di dittatura di partiti che non sono democratici al loro interno».

Un funzionario trasporta un'urna, domenica scorsa a Bucarest

Un funzionario trasporta un’urna, domenica scorsa a Bucarest (AP Photo/Vadim Ghirda)

Il presidente dell’Associazione dei Romeni in Italia (ARI), Eugen Terteleac, è ancora più netto: paragona a «un colpo di stato» l’annullamento del primo turno delle presidenziali, che si era tenuto lo scorso novembre ed era stato vinto a sorpresa dal candidato ultranazionalista Calin Georgescu, e considera la vittoria di Simion una reazione a questo.

Il ricercatore dell’università di Oxford Vladimir Bortun, che in passato ha studiato il voto dei romeni all’estero, spiega che fin dall’inizio il partito di Simion ha avuto un’attenzione per «la diaspora», come viene chiamata, che gli altri non hanno avuto. Al punto che l’Alleanza per l’unità dei romeni (AUR) venne fondata nel 2019 con un evento all’estero, nel Regno Unito. Aur in romeno significa «oro» e molto spesso Simion ha detto che la diaspora è il vero oro del paese, con un gioco di parole vezzeggiativo verso quella parte della popolazione.

Bortun aggiunge che tradizionalmente i romeni all’estero ce l’avevano soprattutto coi Socialdemocratici, il partito che è stato più a lungo al potere, perché lo associavano alla corruzione e alle ragioni per cui se n’erano andati dal loro paese. A queste elezioni il malcontento verso l’establishment si è allargato ai Liberali e agli altri partiti centristi, che sono stati danneggiati dall’aver governato coi Socialdemocratici. Questa dinamica si era già vista al voto dello scorso novembre, quello annullato perché l’intelligence aveva riscontrato interferenze russe e una massiccia campagna di disinformazione online.

La giornalista Elena Stancu, che da cinque anni racconta la diaspora romena in Europa per il suo progetto giornalistico Teleleu, insiste che non si può capire la situazione politica del paese «dal punto di vista ideologico». Stancu dice che «cambiamento» è la parola più utilizzata da elettori ed elettrici, che non hanno percepito Simion come un candidato estremista anche perché non si fidano dei media tradizionali (su tutti la tv): collegano i media al sistema di potere di PSD e PNL. Per questo Simion, e prima di lui Georgescu, hanno basato i loro messaggi anti-establishment sui social, specialmente TikTok.

Un manifesto elettorale di George Simion, strappato

Un manifesto elettorale di George Simion, strappato (EPA/ROBERT GHEMENT)

Stancu racconta «una contraddizione» che ha ravvisato. Molti romeni all’estero hanno votato Simion perché, esaurite le alternative, sperano sia in grado di cambiare le cose, e quindi rendere la Romania più simile ai paesi dell’Unione Europea dove abitano (spesso non tutto l’anno, ma per lavori stagionali). Molti in Romania, invece, hanno scritto sui social che intendono andarsene via se Simion vincerà anche il secondo turno, o che non dovrebbe essere possibile votare per chi è all’estero. «È come uno scontro tra due mondi», che si sovrappone al divario tra le città e il resto del paese, e secondo Stancu si aggraverà.

Alexandra Marcu, presidente di un’associazione per lo sviluppo socioeconomico con sede a Milano (ASSESE), fa notare che l’affluenza al primo turno non è stata molto alta. Né in Romania, dov’è stata del 53%, né all’estero, dove si è fermata al 12,4%: in Italia, per esempio, hanno votato circa 170mila persone su un milione di romeni residenti. Secondo Marcu «il pericolo» che vinca un candidato radicale come Simion spingerà a votare più persone tra quelle che al primo non l’hanno fatto, e questo secondo lei potrebbe fare la differenza.

Ci sono precedenti, in Romania, di elezioni presidenziali dove il candidato che aveva vinto il primo turno con più del 40% ha poi perso il ballottaggio: è avvenuto nel 2004 e nel 2014. Entrambe le volte il voto estero era stato decisivo nello spostare gli equilibri, mentre stavolta sembra stare soprattutto con Simion. C’è un’eccezione tra le comunità all’estero che hanno votato in maggioranza per lui: Dan è arrivato primo in Moldavia, il paese che Simion vorrebbe annettere.

L'ex primo ministro romeno, Marcel Ciolacu, dopo aver annunciato le sue dimissioni, il 5 maggio

L’ex primo ministro romeno, Marcel Ciolacu, dopo aver annunciato le sue dimissioni, il 5 maggio (AP Photo/Andreea Alexandru)

– Leggi anche: In Romania è andato bene il candidato dell’estrema destra