«Si prega di chiudere la porta senza sbattere l’amministratore»

«È stato allora che ho cominciato a notare targhe e cartelli all’entrata dei condomini. Gli autori non potevano essere solo un paio di amministratori appassionati di padel. Doveva esistere un gruppo WhatsApp. Un circolo di medie dimensioni. Un’intera lega internazionale»

(Foto di Giulio Passerini)
(Foto di Giulio Passerini)
Giulio Passerini
Giulio Passerini

È responsabile della comunicazione delle Edizioni E/O. Ha scritto il saggio Nemici di penna (Editrice Bibliografica) sui litigi fra gli scrittori. Insegna comunicazione al Master in Editoria della Fondazione Mondadori – Università statale di Milano.

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L’umanità si divide anche in queste due categorie: quelli che si ricordano di chiudere i portoni e quelli che hanno bisogno di istruzioni in merito. La sproporzione tra l’influenza di questi due gruppi è evidente, almeno a giudicare dalla quantità di cartelli condominiali in cui capita di imbattersi ogni giorno per strada. Una volta che cominci a notarli, non smetti più. Io ho iniziato il 21 luglio del 2019. Duecentonovantanove settimane fa (nel momento in cui scrivo), secondo l’archivio delle mie storie su Instagram.

Vivevo in una via residenziale del semicentro di Milano, con un solo coinquilino. Un trilocale dall’affitto sorprendentemente basso, in parte giustificato dalle pessime condizioni in cui versava, situato nel quadrante cittadino dove – per caso – ho sempre vissuto da quando mi sono trasferito qui dalla Sicilia, pur spostandomi man mano sempre più in periferia.

Era mattina, stavo percorrendo questa bella via residenziale per andare verso l’ufficio quando vidi una signora anziana, elegante, uscire da un portone. Quando l’anta si richiuse, vidi il primo dei reperti che avrei golosamente collezionato negli anni successivi.

Sul portone c’era una targhetta – sfondo giallo, caratteri rossi, sans serif – su cui era scritto «SPINGERE». All’interno, davanti all’ascensore, c’era un’altra targhetta – sempre sfondo giallo, caratteri rossi, sans serif – che ammoniva: «SI PREGA DI CHIUDERE LA PORTA SENZA SBATTERE L’AMMINISTRATORE». Erano davvero necessarie? Quanto poteva essere complicato capire che per entrare nel condominio bisognava spingere il portone? E che una volta entrati non si doveva sbattere l’amministratore?

Qualche civico più avanti un nuovo portone colpì la mia attenzione. C’era un cartello formato A4, anche questo incollato con lo scotch, caratteri ben leggibili, corpo importante: «SI PREGA DI CHIUDERE SEMPRE IL PORTONE E NON APRIRE AD ESTRANEI… ONDE EVITARE FURTI NEL CONDOMINIO… GRAZIE». Quest’altro amministratore aveva deciso di dettagliare i motivi della sua iniziativa, sia mai che qualcuno potesse ritenerla irragionevole. E quei puntini di sospensione, davvero deliziosi, a metà strada tra l’ammiccante e l’indeciso sul corretto utilizzo della punteggiatura. Enfasi e suspense.

Chissà se quei due amministratori di condominio si conoscevano. Magari giocavano a padel insieme. Me li immaginavo scambiarsi lamentele sui propri condomini tra una racchettonata e l’altra, saltando tra osservazioni piccanti sulle pagine di Norme & Tributi del Sole 24 Ore e consigli sui cartelli da affiggere sui portoni dei palazzi.

È stato allora che girando per la città ho cominciato a notare targhe e cartelli di tutti i tipi, rendendomi conto che gli autori non potevano essere solo un paio di amministratori di condominio appassionati di padel. Doveva esistere un gruppo WhatsApp. Un circolo di medie dimensioni. Un’intera lega internazionale.

Si sbaglierebbe a pensare che non ci sia modo di esercitare chissà quale talento in questa elitaria forma espressiva che sono le istruzioni per l’uso dei portoni. Basta guardarsi attorno per apprezzare la capacità – francamente strabiliante – di girare attorno a un tema tutto sommato limitato come l’apertura e chiusura. Sembra quasi che gli amministratori di condominio facciano a gara per concepire cartelli che coniughino al meglio fantasia, ed efficacia, con i più vari gradi di gentilezza, assertività e assurdità.

Al capitolo Gentilezza è senz’altro possibile ascrivere uno dei grandi classici del genere: «Per cortesia chiudere adagio», così come l’uso estensivo e pertinace di vari livelli di riflessività della frase, come in questo caso: «SI PREGA ASSICURARSI CHE LA PORTA SI RICHIUDA».

Al capitolo Assertività e allarme, si segnalano invece i seguenti reperti.

A4 in cartelletta plastificata: «ANCORA UNA VOLTA SI PREGANO TUTTI COLORO CHE ENTRANO ED ESCONO DALLO STABILE DI ACCOMPAGNARE MANUALMENTE IL PORTONE D’INGRESSO DAL MOMENTO CHE AUTOMATICAMENTE NON SI CHIUDE ED È PERICOLOSISSIMO LASCIARLO APERTO».

Cartello: «IL CANCELLO DEVE SEMPRE ESSERE CHIUSO A CHIAVE, CON LE MANI E NON CON I PIEDI!!!!!!!».

Il grado di dettaglio poi naturalmente può variare. Dal più semplice «CHIUDERE LA PORTA» a livelli di profondità francamente incomprensibili. Stando al mio Instagram duecentocinquantasei settimane fa fotografavo un portone dove si partiva con la classica targhetta «SI PREGA DI CHIUDERE SEMPRE IL PORTONE» per scatenare l’escalation culminante in un foglio stampato: «Si prega di ACCOMPAGNARE CON LE MANI il portone e ATTENDERE LO SCATTO della serratura per GARANTIRE LA CHIUSURA». Mi chiedo quale parte del processo avrebbe potuto presentare delle sorprese.

Forse questi tentativi di imbrigliare la realtà rispondono a un bisogno segreto: ridurre il caos della vita in una grande città come Milano, dal momento che non ricordo di aver visto niente del genere nella grande città del sud dove sono nato e cresciuto, per quanto indubbiamente caotica. Forse si trattava solo di un caos diverso, un caos tutto umano, così profondamente diverso dal caos postindustriale della grande città dove vivo oggi, dove non occorre solo tenere a bada gli umani, ma anche avere ragione delle macchine. È il caso di questo sorvegliare e punire per via di meccanismo: «ALLA CHIUSURA DEL PORTONE ACCERTARSI CHE AVVENGA LO SCATTO AUTOMATICO DELLA SERRATURA». Non c’è compito più odioso che assicurarsi che le macchine facciano correttamente il proprio dovere.

Molto più umano, e semanticamente sottile, questo cartello in A4 fotografato duecentoventi settimane fa in una portineria della zona Est della città: «PER LA SICUREZZA DI TUTTI SI PREGA DI CONTROLLARE CHE IL PORTONE E LA PORTA A VETRI SIANO CHIUSI. SPESSO INVECE SONO SOLO SOCCHIUSI. GRAZIE». Quanta umana pazienza, e quanta capacità altrettanto umana di farla perdere.

Gli amici sapevano in quale nuova ossessione mi ero infilato, ed essendo amici invece di proteggermi da me stesso hanno cominciato ad alimentarla mandandomi foto da ogni dove (a suggerire che gli amministratori di condominio che si incontrano per giocare a padel e darsi consigli sui messaggi da affiggere sui portoni non vivono solo a Milano). Ecco Enea da Lissone: portone con cartoncino in carta goffrata, bel carattere sans serif tondeggiante «ACCOMPAGNARE LA PORTA E ASSICURARSI CHE IL PORTONE SIA BEN CHIUSO». Foto di Chiara da Roma: portone con A4 dal testo bicolore, rosso e blu «NON SPINGERE PORTA CHIUSA CITOFONARE»; e due cartellini più piccoli «ATTENZIONE NON SPINGERE LA PORTA» ad altezza occhi; «ATTENZIONE NON APRIRE LA PORTA UTILIZZANDO I PIEDI» ad altezza ginocchio. Sempre da Roma, foto di Giulia, portone del suo ufficio: una targa «SI PREGA DI ACCOMPAGNARE IL PORTONE SENZA SBATTERLO» e due cartelli «Si prega VIVAMENTE DI NON SBATTERE IL PORTONE» e «Si prega VIVAMENTE di ACCOMPAGNARE sempre IL PORTONE».

È arrivato credo il momento di parlare di ridondanza (oltre che di rischiarla). La fiducia nella ridondanza del messaggio resiste, cieca all’evidenza della sua inutilità. Su un portone a vetri, quarantacinque settimane fa, un cartello riportava la foto di una targhetta affissa chissà dove, su una boiserie di listelle di legno, con su scritto: «Per motivi di sicurezza ACCERTARSI CHE IL PORTONE RESTI CHIUSO». Chiunque abbia partecipato a una riunione di condominio lo sa, le vie dell’amministrazione condominiale sono infinite, ma quale amministratore può aver mai pensato che fosse più facile fotografare una targhetta, stamparne l’immagine e incollarla su un portone, piuttosto che farne una nuova?

Qualcosa del genere dev’essere successo anche in un condominio appena fuori dalla mia zona, dove l’assemblea aveva cercato di semplificarsi la vita finendo per complicarsela ulteriormente. Probabilmente insoddisfatti dell’attitudine con cui i condomini si approcciavano all’uso del portone, si era deliberato in favore dell’automazione. Ma la cosa non aveva fatto che generare ulteriore confusione. Prima era stato necessario scrivere: «SPINGERE LEGGERMENTE SI APRE DA SÉ»; poi aggiungere una glossa, sotto forma di un foglio A4, custodito da una cartellina di plastica affissa con lo scotch: «ATTENZIONE, NON FORZARE L’APERTURA O LA CHIUSURA»; infine precisare con una postilla: «ACCOMPAGNARE A MANO IL PORTONE». Ammirando questo capolavoro mi domandavo cosa potesse essere successo in quel condominio per arrivare a quel punto. Quali catastrofiche iniziative dovevano essere state intraprese in fase di ingresso e di uscita? Un mese dopo la situazione era cambiata: la porta era ancora automatica ma era stata fatta piazza pulita delle comunicazioni più artigianali in favore di una minimale semplicità: «PORTA AUTOMATICA. NON SPINGERE o TIRARE».

Mi sono riconciliato con l’ordine e la razionalità qualche settimana fa, mentre passeggiavo sotto lo studio del mio analista in una zona centrale della città (sono uno di quelli che preferisce arrivare in anticipo e aspettare). Mentre raccoglievo le idee per far sì che i soldi della seduta fossero ben spesi, mi è caduto l’occhio su un grosso cartello giallo agganciato alle grate di un cancelletto elegante in ferro battuto: «ASSICURARSI CHE IL CANCELLETTO PEDONALE SIA SEMPRE SERRATO ONDE EVITARE IL BLOCCO DELL’AUTOMATISMO DI CHIUSURA DEL CANCELLO CARRAIO». Ci ho messo un po’ a decodificare il senso del tutto (sentitevi liberi di prendervi cinque minuti pure voi), ma quando ci sono riuscito sono rimasto incantato tanto dall’esattezza dell’enunciato burocratico, quanto dalla fantasia nell’uso dei sinonimi: nel campionato della prosa amministrativa è stato come assistere a un gol in rovesciata.

In un mondo sempre più caotico in cui regna l’incomunicabilità tra fazioni, dovremmo fermarci un attimo ad ascoltare chi quel caos lo combatte ogni giorno fra carte bollate e condòmini morosi, alla ricerca del messaggio perfetto.

Il mio cartello preferito l’ho avvistato qualche giorno fa nella portineria chic di un palazzo chic di un quartiere chic vicino a uno dei parchi più chic della città. Era un A4 plastificato, font bellissimo, probabilmente un Raleway Thin: «Chiudere BENE il portone ‘CLUNK’ [gigantesco] per la sicurezza di tutti, GRAZIE».

Assertività, eleganza, leggerezza, e soprattutto onomatopee. Soldi ben spesi, amministratore.

– Leggi anche: W le scritte sui muri

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