Una nuova frontiera nella moda delle scarpe brutte
Molti marchi sportivi ma non solo stanno proponendo le loro "sneakerine": una fusione tra sneaker e ballerine

«Se ti piace l’estetica di una ballerina o di una Mary Jane, ma cerchi la comodità e la funzionalità di una sneaker, perché non avere entrambe le cose?» ha recentemente detto Achilles Ion Gabriel, apprezzatissimo direttore creativo del marchio di scarpe Camper, a British Vogue. «Noi pensiamo che non si debba scegliere».
Camper è uno dei molti marchi di scarpe che negli ultimi mesi hanno presentato il loro modello di «sneakerine» ossia scarpe a metà tra le ballerine e le sneaker. È una tendenza a cui hanno aderito sia i marchi di scarpe sportive che aziende di lusso e di fast fashion, e con l’arrivo della stagione calda, nei contesti più modaioli, cominciano a vedersi in giro. Qualcuno le ha già etichettate come le nuove scarpe del filone ugly chic, cioè la cui attrattiva deriva paradossalmente proprio dal fatto di essere brutte.
Le cosiddette sneakerine, in inglese dette anche ballet trainers o ballet sneakers, hanno solitamente una forma sottile e aderente al piede, una suola spessa e comoda da scarpa da ginnastica, e cinturini, elastici, fiocchi o lacci che riprendono l’estetica delle scarpe da balletto o delle Mary Jane (cioè le ballerine col cinturino che attraversa il collo del piede). Il risultato è un ibrido che non ricorda nessuna delle due cose, ma che probabilmente piace anche per questo. Sul Financial Times Annachiara Biondi ha scritto: «creano una dissonanza estetica che ha stuzzicato il mio interesse contro la mia volontà».
Nell’ultimo anno numerosi marchi di scarpe hanno presentato i loro modelli di sneakerine in vista della primavera. Quello di abbigliamento sportivo Salomon ne ha fatti due: uno in collaborazione con Sandy Liang – delle sneakers con i nastri rosa da avvolgere attorno alla caviglia – e l’altro con Maison Margiela, una sneaker «ibrida Mary Jane che mantiene le prestazioni tecniche e la funzionalità di Salomon» col laccetto a strappo.
A gennaio Puma ha annunciato le sue Speedcat Ballet: l’evoluzione di un suo modello già abbastanza leggero e sottile, che in questo caso ha delle aperture sui lati e una scollatura con cinturini elastici che ricordano quelli delle scarpe da danza. A marzo sono uscite le Taekwondo Mei di Adidas: anche queste scollate come ballerine, con i lacci che salgono fino alla caviglia. Onitsuka Tiger ha fatto un paio che più che delle ballerine ricordano dei sabot, aperti dietro.
Anche il modello Air Rift di Nike del 1996, che senza saperlo era già una sneakerina, è stato riproposto in nuovi colori e materiali. Lo stesso hanno fatto marchi dal fast fashion, come Zara, al lusso, come Miu Miu, passando per altri più accessibili come Vagabond. Tra gli ultimi c’è stato Louis Vuitton, che ad aprile ha lanciato un nuovo modello chiamato proprio Sneakerina, che però rispetto ai precedenti citati è molto sneaker e poco ballerina.
Le celebrità che spesso vengono osservate per intercettare le nuove tendenze, come Bella Hadid, Chloe Sevigny e Jennifer Lawrence, si erano fatte fotografare con un paio di sneakerine addosso già la scorsa estate. Una delle prime, come spesso accade con le scarpe brutte, era stata Emily Ratajkowski, che aveva un modello del marchio Foundry Mews.
Il primo marchio sportivo a intravedere il potenziale delle sneakerine era stato Asics, con la collaborazione dell’anno scorso con Cecilie Bahnsen, designer francese che gioca molto con pizzo, fiocchi e tulle. Prima ancora le ballerine-sneakers erano state proposte alla fashion week di Londra nel 2021 dalla designer irlandese Simone Rocha, che le inserì anche nelle collezioni successive, e nel 2023 dalle sorelle australiane Laura e Deanna Fanning, del marchio Kiko Kostadinov.
L’idea delle sneakerine sembra la naturale evoluzione di alcuni fenomeni recenti del mondo della moda e delle scarpe. Il primo è stato definito “sneakerfication”, ovvero la tendenza a trasformare in sneaker scarpe che non lo sono: è successo anche con i mocassini sneakerizzati di New Balance o di Hoka. Un altro è innovare creando soluzioni ibride: nel caso delle scarpe si parla di “frankenshoe”, una parola inglese nata dalla combinazione tra Frankenstein e shoe, scarpa (un esempio tra tutti: gli stivali camperos di Crocs).
Tutto rientra in un processo più ampio e duraturo di esplorazione dell’estetica della bruttezza, o ugly chic appunto, che da un po’ di anni a questa parte ha portato ottimi risultati nel mondo delle scarpe. Glamour ha scritto che le sneakerine offrono «un tocco leggermente più femminile delle scarpe da papà, restando fondamentalmente delle scarpe comode». Il riferimento è alle cosiddette dad shoes, ovvero le sneakers robuste, con la suola spessa, un aspetto neutro e colori tendenti al bianco o al grigio, che fino a qualche anno si vedevano solo addosso a uomini di una certa età disinteressati alla moda (i papà appunto) e poi improvvisamente sono diventate tra le scarpe più richieste anche dai giovani, e non solo per andare in palestra.
Non è l’unico tipo di scarpe comode ma brutte che dalla pandemia in poi sono tra le più vendute e desiderate: basti pensare alle Crocs e alle Birkenstock. Sono tutte tendenze che nascono da un nuovo approccio culturale nella moda femminile, che vuole mettere in discussione un’estetica tradizionale sempre sexy, elegante e aggraziata.
Sul Guardian la giornalista di moda Chloe Mac Donnell ha scritto che la moda delle sneakerine si potrebbe spiegare con una teoria della stylist Allison Bornstein diventata virale qualche anno fa: le scarpe “sbagliate” renderebbero un look più memorabile e originale. Su GQ Tres Dean ha scritto che «in ogni caso, è un tocco di freschezza in un momento in cui il settore delle sneakers continua a girare a vuoto da alcuni anni, con gli stessi modelli rètro e la solita minestra riscaldata».