La prima terapia genica personalizzata, con la CRISPR

È stata usata a Philadelphia per un bambino di dieci mesi con una malattia grave molto rara, e sta dando buoni risultati

Due medici e scienziati che indossano guanti e mascherine insieme a un bambino di 10 mesi con un sondino nel naso
A sinistra Kiran Musunuru, cardiologo e genetista, e a destra Rebecca Ahrens-Nicklas, genetista pediatrica, insieme a KJ Muldoon, di 10 mesi (Children's Hospital of Philadelphia)
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Negli Stati Uniti un bambino di 10 mesi con una rara e grave malattia genetica sta crescendo in buone condizioni grazie a una terapia sperimentale personalizzata ottenuta con la CRISPR, la tecnica per modificare il DNA elaborata quasi 15 anni fa da Emmanuelle Charpentier e Jennifer A. Doudna, premi Nobel per la Chimica nel 2020. È il primo caso noto di una persona che abbia ricevuto una terapia di questo tipo, creata apposta per la specifica mutazione genetica responsabile della malattia.

Il bambino si chiama KJ Muldoon e vive in Pennsylvania. Quando aveva solo due giorni di vita un medico si accorse che aveva qualcosa che non andava: era insolitamente letargico, non mangiava e aveva una temperatura corporea troppo bassa. Un’analisi del sangue rivelò che i livelli di ammonio (lo ione formato dall’ammoniaca in soluzione acquosa) nel suo organismo erano troppo alti e successivamente l’Ospedale Pediatrico di Philadelphia (CHOP) gli diagnosticò un deficit di CPS1, un enzima che aiuta il corpo a gestire i composti dell’azoto quando metabolizza le proteine. In sostanza, il metabolismo del bambino non era in grado di processarle bene e per questo nel suo sangue c’era troppo ammonio, una sostanza tossica per il cervello che normalmente viene espulsa con l’urina.

Tale condizione era dovuta a due mutazioni genetiche, ereditate dal bambino da ciascuno dei suoi genitori.

Il trattamento sanitario più efficace per chi ha un deficit di CPS1 è il trapianto di fegato, per cui esistono delle liste d’attesa. I bambini appena nati e in condizioni di salute cattive però non hanno i requisiti necessari per riceverne uno, perché non sarebbero in grado di sostenere l’intervento. Esistono delle terapie per mantenere le loro condizioni di salute sotto controllo: prevedono una dieta con poche proteine e farmaci che aiutano a contenere la quantità di ammonio nel sangue, ma anche con questi trattamenti c’è il rischio di danni neurologici permanenti o morte. Solo la metà dei bambini con un grave deficit di CPS1 raggiunge l’età idonea per ricevere un trapianto di fegato – e anche in quel caso non è detto che ce ne sia uno disponibile.

Muldoon venne inserito nella lista d’attesa per i trapianti e intanto sottoposto alle terapie salvavita, ma i suoi genitori accettarono di candidarlo a ricevere una terapia genica sviluppata apposta per lui.

Infatti all’Ospedale Pediatrico di Philadelphia lavora Rebecca Ahrens-Nicklas, una genetista pediatrica che studia i disturbi metabolici ereditari. Già dal 2023 Ahrens-Nicklas collaborava con Kiran Musunuru, cardiologo e genetista della Penn University, e avevano iniziato a studiare insieme la fattibilità di terapie genetiche personalizzate per singoli pazienti con disturbi metabolici rari. I due scienziati avevano deciso di concentrarsi sui disturbi relativi al ciclo dell’urea, quello in cui avviene la produzione dell’ammoniaca. Il loro obiettivo era trovare una soluzione per i pazienti troppo giovani per ricevere un trapianto di fegato.

Più nel dettaglio Ahrens-Nicklas e Musunuru stavano facendo ricerca con una tecnica di CRISPR che si chiama base editing e che permette di modificare semplici basi azotate – i singoli “mattoncini” che compongono il DNA, indicati con le lettere A, C, G e T. Nei due anni di studi precedenti la nascita di Muldoon avevano fatto degli esperimenti considerando diverse possibili modifiche di DNA e così si erano messi avanti con il lavoro in attesa di avere in cura un paziente con il problema di cui si stavano occupando. La specifica mutazione di KJ Muldoon era la settima che avevano preso in considerazione.

Pochi giorni dopo che il bambino era stato inserito nella lista d’attesa per i trapianti, i due scienziati proposero ai genitori la terapia sperimentale, cercando di non dare loro false speranze. Una volta ottenuto il consenso della famiglia, avviarono una sperimentazione che prima testarono su topi e scimmie. Il lavoro di ricerca – loro e dei loro collaboratori – è stato reso possibile da alcune aziende del settore sanitario, che hanno concesso ai ricercatori dei materiali e delle informazioni di cui sono proprietarie e dalla Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia governativa di regolamentazione dei farmaci e del cibo negli Stati Uniti, che ha accelerato i tempi solitamente necessari per approvare un nuovo farmaco.

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Ci sono voluti circa sei mesi per arrivare alla terapia per il bambino, che viene somministrata direttamente al fegato e una volta lì modifica il DNA per quella piccola parte interessata dalla mutazione patologica. La prima dose gli è stata data a febbraio, quando Muldoon aveva quasi 7 mesi, ed era molto leggera per dare al suo corpo il tempo di adattarsi e minimizzare i possibili rischi. Dopo questa prima dose il bambino ha potuto prendere in sicurezza la dose di proteine raccomandata per la sua età, pur continuando ad assumere i farmaci per contenere i livelli di ammonio. La seconda e la terza e ultima dose invece hanno consentito ai medici di ridurre l’assunzione di questi farmaci, per quanto continuino a essere necessari per la salute del bambino.

Il risultato della ricerca di Ahrens-Nicklas, Musunuru e dei loro collaboratori è stato pubblicato sulla rivista scientifica The New England Journal of Medicine. Parlando con Nature Ahrens-Nicklas ha sottolineato che è ancora troppo presto per dire che il piccolo Muldoon è «guarito»: bisognerà continuare a seguirne le condizioni di salute per tutta la sua vita, ma i primi risultati sono promettenti.

Nel mondo ci sono già decine di persone che hanno ricevuto delle terapie ottenute con la tecnica CRISPR, ma finora si trattava di disturbi più comuni, come l’anemia falciforme, e per cui uno stesso trattamento poteva funzionare anche in presenza di mutazioni genetiche diverse. La terapia che è stata sviluppata per Muldoon invece vale per una mutazione specifica del suo genoma. Per questo probabilmente non potrà mai essere usata per un’altra persona, ha detto Ahrens-Nicklas a Nature.

Per questo è difficile prevedere in quale misura il metodo usato per trattare il bambino potrà essere replicato: tutte le terapie ottenute con la CRISPR sono molto costose, quelle personalizzate ancora di più.

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