In Romania entrambi i candidati sono anti-sistema, in modo diverso
Sia il sovranista George Simion che l’europeista Nicușor Dan, arrivati al ballottaggio, sono esterni ai partiti istituzionali

Tutti e due i candidati che sono arrivati al ballottaggio delle elezioni presidenziali in Romania di domenica sono anti-sistema, a modo loro. Il sovranista George Simion e Nicușor Dan, indipendente di orientamento liberale, sono distantissimi politicamente ma un tratto li accomuna: entrambi sono esterni ai partiti istituzionali che con coalizioni variabili governano da molti anni, ed entrambi hanno costruito i loro successi su una critica corrosiva all’establishment politico. Hanno però programmi opposti. Il principale discrimine è che Dan è un europeista convinto, mentre Simion è un nazionalista euroscettico.
Fin qui Dan è stato il meno raccontato dai media, anche perché è un candidato meno polarizzante di Simion e non era scontato che passasse il primo turno. Partiamo da lui.
Dan ha 55 anni, un dottorato in Matematica e ha studiato anche alla Sorbona di Parigi. È conosciuto soprattutto perché dal 2020 è sindaco della capitale Bucarest (l’anno scorso è stato rieletto). Anche allora si era candidato come indipendente dopo essersi distinto come attivista nelle campagne contro la corruzione, locale e nazionale, e per salvare «dagli squali immobiliaristi» i palazzi storici. Quand’è diventato sindaco, non era completamente estraneo alla politica.
Nel 2015 Dan aveva fondato un partito che esiste ancora, l’Unione Salva Romania (USR), con cui era stato eletto deputato. Ne uscì nel 2017 per polemiche interne: era contrario all’equiparazione tra le unioni civili e il matrimonio, riteneva sbagliato che il partito puntasse così tanto sul tema dei diritti civili, secondo lui divisivo. L’USR fu infatti praticamente l’unico partito a opporsi al referendum del 2018 per vietare i matrimoni gay, che non raggiunse il quorum.
Negli anni Dan ha cambiato idea e oggi sostiene, piuttosto vagamente, che la politica debba ascoltare la società. Ha ammesso d’aver votato al referendum, ma non ha voluto dire come.

Nicușor Dan durante un comizio a Bucarest, l’11 maggio (AP Photo/Vadim Ghirda)
I consensi di Dan, sia agli albori dell’USR sia nelle campagne da sindaco, sono dovuti all’efficacia con cui ha criticato la “partitocrazia” – cioè la spartizione delle cariche tra i partiti che si sono alternati al potere, Socialdemocratici (PSD) e Liberali (PNL). Ha mantenuto intatte queste credenziali anche perché ha lasciato l’USR prima che, tra il 2019 e il 2021, governasse brevemente insieme ai Liberali (inizialmente con un appoggio esterno). Dan ha uno stile di vita frugale per gli standard della politica romena: a Bucarest abita in un trilocale in periferia.
Lo slogan della sua campagna elettorale è stato «Romania onesta», non così dissimile nei toni da quello di Simion: «Rispetto». Dan si è presentato come il garante del futuro «in Occidente» della Romania, cioè della collocazione nell’Unione Europea e nella NATO, e ha accusato il suo avversario di essere un «isolazionista». L’insistenza sulla dicotomia Oriente-Occidente si spiega con la reputazione di politico filorusso che Simion non è riuscito a scrollarsi.

Il pubblico del comizio di Dan dell’11 maggio, a Bucarest (AP Photo/Andreea Alexandru)
Se Dan è stato un politico anti-sistema per scelta propria, Simion, 38 anni, lo è da sempre, anche perché il suo estremismo lo ha tenuto ai margini della politica romena.
Nelle ultime settimane, e specialmente dopo la netta vittoria al primo turno, ha provato a fare una specie di rebranding. In breve, sta cercando di dire che non è più quello di una volta (ha un passato da hooligan e di violenza politica). Simion ha dato interviste ai media internazionali in cui ha criticato la Russia e adesso sostiene di non essere euroscettico ma «eurocritico». Il suo gruppo politico al Parlamento Europeo, lo stesso di Fratelli d’Italia (ECR), lo ha aiutato in quest’operazione.
Simion è comunque il leader di un partito sciovinista, profondamente ostile all’immigrazione, no vax durante la pandemia da Covid-19 e che storicamente si è opposto all’insegnamento obbligatorio dell’Olocausto e dell’educazione sessuale nelle scuole, definendole «questioni minori». Inoltre ha mantenuto posizioni problematiche e inconciliabili con la posa più sobria che la sua campagna vorrebbe cucirgli addosso. Per esempio giovedì ha detto che il presidente francese Emmanuel Macron ha «tendenze dittatoriali».

George Simion poco prima di un incontro con alcuni industriali, a Bucarest il 13 maggio (AP Photo/Vadim Ghirda)
Ma soprattutto Simion si è posto in piena continuità con Călin Georgescu: il candidato ultranazionalista che a novembre aveva vinto a sorpresa il primo turno delle presidenziali, poi annullato perché l’intelligence aveva riscontrato interferenze russe per favorirlo. Simion promette di nominare Georgescu primo ministro, nonostante sia stato fermato dalla polizia ed escluso dalle presidenziali nell’ambito delle indagini su quelle interferenze. Ha detto che coloro che hanno deciso di escludere Georgescu dovrebbero essere «scuoiati vivi» in pubblico.
Eppure è stata l’esclusione di Georgescu a rimettere in gioco Simion, che al voto annullato era arrivato quarto prendendo poco meno del 14 per cento.
È stata una campagna elettorale per certi versi atipica, senza grandi comizi e fatta soprattutto sui social. Simion ha disertato la maggioranza dei duelli televisivi, in cui il suo podio è rimasto vuoto: una cosa su cui sono stati fatti molti meme. A uno è andato solo per dare un mazzo di fiori a Elena Lasconi, la candidata dell’USR che era arrivata seconda a novembre, e sostenere polemicamente che «è l’unica [tra di voi] per cui i romeni abbiano votato».
Uno dei modi di leggere i risultati del primo turno è che elettori ed elettrici hanno espresso un forte rigetto per i partiti tradizionali. Per questa stessa ragione, l’esito del ballottaggio è imprevedibile.
Nei sondaggi peraltro Simion e Dan sono praticamente appaiati. Molto dipenderà dall’affluenza – se aumentasse, in particolare nel voto estero, potrebbe aiutare Simion – e da come voteranno i sostenitori degli altri partiti: una cosa su cui è molto complicato fare pronostici.

Nicușor Dan a fianco del podio vuoto di George Simion durante uno dei comizi saltati dal candidato di AUR (da YouTube)
L’USR appoggiava Dan già al primo turno e per questa scelta aveva litigato con Lasconi, che si era rifiutata di ritirarsi. Con l’eccezione dei Liberali, gli altri partiti europeisti non hanno dato indicazioni chiare a favore di Dan. Non lo ha fatto neppure Crin Antonescu, il candidato della coalizione di governo che era arrivato terzo al primo turno. Ha lasciato libertà di voto anche il leader del PSD, l’ex primo ministro Marcel Ciolacu (che si è dimesso proprio per il risultato disastroso di Antonescu). Simion ha invece l’appoggio di Victor Ponta, che era arrivato quarto col 13 per cento.
Diversi analisti dubitano che l’elettorato dei partiti maggiori possa passare in blocco con Dan. È noto soprattutto nelle grandi città – come Bucarest, Brașov e Cluj – ma meno al di fuori, ed è considerato un politico meno carismatico di Simion. Partiti come il PSD sono radicati soprattutto nelle zone rurali, dove hanno pure perso consensi, e malgrado il nome sarebbe difficile classificarli come progressisti. È un’etichetta che Dan stesso ha rifiutato: ha detto di non considerarsi né progressista né conservatore, ma «un tecnocrate».
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