Il mistero dei gatti arancioni non è più un mistero

Si sapeva che era una questione genetica, dato che sono quasi tutti maschi: due nuovi studi hanno scoperto di più

Un gatto arancione leggermente accovacciato
Il vincitore di una gara tra gatti arancioni a Bangkok, in Thailandia, il 2 luglio 2023 (Lauren DeCicca/Getty Images)
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Una cosa abbastanza risaputa sui gatti domestici è che quasi tutti quelli arancioni sono maschi e quasi tutti quelli di tre colori, tra cui l’arancione, sono femmine. Gli scienziati sospettavano già da decenni che questa particolarità dipendesse da un gene specifico e avesse a che fare con il cromosoma sessuale X, ma non si sapeva quale fosse il meccanismo di attivazione. Due recenti studi di genetica lo hanno finalmente chiarito: il colore dei gatti arancioni dipende da una mutazione.

È una scoperta che potrebbe avere risvolti importanti, perché entrambi gli studi analizzano in dettaglio un tipo particolare di mutazione cromosomica in cui manca un tratto di DNA (la delezione: è anche alla base di diverse sindromi e malattie congenite umane). In pratica ai gatti arancioni manca un pezzetto di genoma, e questo fa sì che i melanociti – le cellule responsabili della tonalità della cute, dei follicoli piliferi e degli occhi – producano colori più chiari.

La scoperta è stata presentata in due articoli usciti sulla rivista scientifica Current Biology, ed è stata fatta in modo indipendente da un gruppo di ricerca dell’Università di Kyushu, in Giappone, e da uno dell’Università di Stanford, negli Stati Uniti. Quello statunitense, tra le altre cose, ha raccolto centinaia di campioni di DNA coinvolgendo proprietari di gatti incontrati in diverse mostre feline in giro per il mondo. Ha anche contattato diverse cliniche di sterilizzazione per avere campioni prelevati da gatti randagi.

Per la raccolta dei campioni serviva utilizzare dei tamponi da strofinare nella parte interna delle guance dei gatti. Non è un’operazione a cui i gatti si sottopongono tanto facilmente, e per questo motivo i ricercatori hanno anche suggerito ai loro proprietari qualche tecnica per farli rilassare o distrarre, come per esempio grattarli sulla testa. Una volta ottenuti i campioni, in laboratorio i ricercatori hanno confrontato porzioni di DNA prelevato da gatti con pelo arancione con altre provenienti da gatti non arancioni.

Il primissimo piano di un gatto arancione, affacciato dalla spalliera di una poltrona

Un gatto soriano dal pelo arancione (C P George/Classicstock/Getty Images)

Per comprendere la scoperta è utile fare un passo indietro. Un cromosoma è formato da un’intera catena di DNA e da un gruppo di proteine che lo rendono stabile. La catena è fatta da tanti pezzetti (sequenze) che delimitano i geni, e ogni gene contiene le istruzioni per formare una proteina, con le quali funziona tutto l’organismo, nei gatti come negli altri esseri viventi. Le femmine hanno due cromosomi X, i maschi un cromosoma X e un cromosoma Y: il cromosoma X contiene un migliaio di geni che fanno un sacco di cose, non solo legate al sesso.

I ricercatori hanno scoperto che nel DNA dei gatti arancioni, a causa di una mutazione, mancava un piccolo pezzetto vicino a un gene presente nel cromosoma X: il gene Arhgap36, che era noto agli scienziati ma non era mai stato associato alla pigmentazione prima d’ora. La mutazione rendeva il gene molto più attivo nei melanociti, in cui di solito non è attivo: il gene non determinava la pigmentazione ma modificava l’attività di altri geni responsabili, e questo induceva le cellule che producono melanina a produrre pigmenti più chiari (di varie sfumature, tendenti verso l’arancione).

Che l’arancione fosse una questione legata al sesso, e nello specifico a una variazione del cromosoma X, gli scienziati lo avevano dedotto già da decenni dal fatto che quasi tutti i gatti arancioni sono maschi, salvo rare eccezioni. Avendo un solo cromosoma X, i maschi o ereditano la mutazione del cromosoma X che li rende completamente arancioni, o non la ereditano.

Per le femmine è diverso, perché hanno due cromosomi X: possono ereditare sia la versione con la mutazione, sia quella senza, ma soltanto una delle due può essere attiva. Questo meccanismo epigenetico di “disattivazione” del cromosoma X porta alla produzione casuale di chiazze arancioni, marroni o nere, a seconda di quale cromosoma X – quello con la mutazione o quello senza – viene attivato nelle diverse parti della cute, durante lo sviluppo embrionale. È il meccanismo che determina i tre colori tipici delle gatte calico e delle tartarugate.

Una gatta distesa sul pavimento di un terrazzo

Bella, una gatta calico nominata gatto ufficiale della città di Alamo, in Texas, il 18 giugno 2015 (AP Photo/Eric Gay)

Il gene Arhgap36, che è presente anche negli esseri umani, è attivo non soltanto nei melanociti ma in molte altre parti del corpo, tra cui il cervello e le ghiandole ormonali, e ha un ruolo importante nello sviluppo. Per questo motivo, secondo gli autori e le autrici dei due studi, è possibile che una mutazione che interessa quel gene nei gatti sia responsabile anche di altri cambiamenti, legati a particolari condizioni di salute o persino di temperamento.

Molti proprietari di gatti domestici si dicono convinti del fatto che a diversi colori e motivi del mantello dei gatti corrispondano diversi caratteri e comportamenti. «Non ci sono ancora prove scientifiche, ma è un’ipotesi affascinante che mi piacerebbe approfondire», ha detto a BBC il genetista Hiroyuki Sasaki, coautore dello studio dell’Università di Kyushu.

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