Guida minima alle elezioni comunali del 25 e del 26 maggio

Dove si vota, come si vota e quali sono le città più importanti da tenere d'occhio

(ANSA/GIANLUIGI BASILIETTI)
(ANSA/GIANLUIGI BASILIETTI)
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Domenica 25 e lunedì 26 maggio si vota per rinnovare sindaco e consiglio comunale in 117 comuni italiani nelle regioni a statuto ordinario e in 9 comuni della Sicilia (che è a statuto speciale). I capoluoghi di provincia sono quattro: Genova (che è anche capoluogo di regione), Ravenna, Taranto e Matera. I seggi sono aperti domenica dalle 7 alle 23 e lunedì dalle 7 alle 15. Nei comuni con più di 15mila abitanti se nessun candidato avrà ottenuto il 50 per cento più uno dei voti si andrà al ballottaggio tra i due più votati: è stato fissato per l’8 e il 9 giugno, gli stessi giorni in cui in tutta Italia si terranno cinque referendum (uno sulla cittadinanza e quattro sul lavoro).

Per votare bisogna andare al proprio seggio con la carta d’identità. Il voto funziona in modo diverso nei comuni a seconda del numero di abitanti. Nei comuni con meno di 15mila abitanti ci sono tre possibilità: si può tracciare un segno sul nome del candidato; sul simbolo della lista collegata al candidato sindaco; oppure sia sul candidato che su una lista collegata. In ogni caso, il voto viene attribuito sia alla lista di candidati consiglieri che al candidato sindaco collegato. Nei comuni tra 5 e 15mila abitanti si possono esprimere anche due preferenze per i consiglieri, a patto che siano un uomo e una donna. In quelli con meno di 5mila abitanti si può esprimere una sola preferenza.

Vince al primo turno chi prende più voti. In caso di parità tra due candidati, si procede con un ballottaggio al secondo turno. In caso di ulteriore parità, viene eletto il candidato più anziano tra i due.

Nei comuni con più di 15mila abitanti, che a queste elezioni comunali sono solo 31, il sistema invece è più complesso. Si può decidere di dare il proprio voto solo al candidato sindaco, facendo un segno sul rettangolo dove si trova il suo nome. Altrimenti, se si traccia un segno solo sul simbolo di una lista oppure sia sul nome del candidato sindaco che su una delle liste collegate, il voto viene attribuito sia al candidato sindaco che alla lista collegata.

In questi comuni si può anche fare un voto disgiunto, cioè votare per un candidato sindaco e allo stesso tempo assegnare la propria preferenza a una lista avversaria a quel candidato. Se si vota per una lista, si può specificare anche una preferenza per uno o due candidati consiglieri, anche qui a patto che siano una donna e un uomo, scrivendone il cognome (o il nome e cognome in caso di omonimia).

In queste settimane si è votato o si voterà anche in alcune regioni a statuto speciale: in Friuli Venezia Giulia si è già votato ad aprile, e nelle città più importanti (Pordenone e Monfalcone) ha vinto il centrodestra. Anche in Trentino-Alto Adige si è già votato e domenica 18 maggio al ballottaggio di Bolzano è stato eletto un sindaco di centrodestra. L’8 e il 9 giugno infine si vota in alcuni comuni in Sardegna (un solo capoluogo di provincia, Nuoro).

Complessivamente nelle regioni a statuto ordinario le persone che potranno votare sono quasi 2 milioni su una popolazione di circa 2,2 milioni. La Lombardia è la regione con il maggior numero di comuni al voto (18), seguita da Calabria (17) e Campania (15). La grande maggioranza (86 su 117) dei comuni in cui si voterà sono piccoli centri con meno di 15mila abitanti: anche per questo sarà un voto con un valore politico nazionale piuttosto limitato.

Le attenzioni sono concentrate sui quattro capoluoghi, e in particolare su Genova, che con oltre 516mila abitanti è il comune più grande tra quelli al voto. Qui i candidati sindaci e sindache sono sette, quattro donne e tre uomini, ma si contenderanno la vittoria in due: Pietro Piciocchi, del centrodestra, vicesindaco di Marco Bucci prima che quest’ultimo diventasse presidente della Liguria, e Silvia Salis, candidata dal cosiddetto campo largo che comprende Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Italia Viva, Azione, Alleanza Verdi e Sinistra. Gli altri candidati sono Raffaella Gualco della lista civica Genova unita, Antonella Marras di Sinistra alternativa, Cinzia Ronzitti del Partito comunista dei lavoratori, Mattia Crucioli della civica Uniti per la Costituzione e Francesco Toscano di Democrazia sovrana popolare.

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A Ravenna invece si vota per eleggere il successore di Michele de Pascale, che aveva interrotto il suo mandato in anticipo quando è stato eletto presidente della Regione Emilia-Romagna. I candidati sono sette, sostenuti da 18 liste, ma il favorito è Alessandro Barattoni, segretario provinciale del Partito Democratico dal 2017 e sostenuto anche lui da una coalizione di campo largo simile a quella che aveva sostenuto de Pascale e formata da Partito Democratico, Alleanza Verdi e Sinistra, Movimento 5 Stelle, Italia Viva, Azione, +Europa, Partito Repubblicano e due liste civiche.

A Taranto, dove il comune si era sciolto a febbraio dopo che 17 consiglieri si erano dimessi, il PD e il Movimento 5 Stelle corrono separatamente. Il candidato del primo è l’ex presidente del consiglio comunale Piero Bitetti, che è sostenuto da altre sette liste, mentre per il secondo c’è la giornalista Annagrazia Angolano. Anche il centrodestra si presenta diviso: Luca Lazzàro, ex presidente di Confagricoltura Puglia, è appoggiato da Fratelli d’Italia, Forza Italia, Partito Liberale e Noi Moderati, mentre la Lega e altre sei liste sostengono l’avvocato Francesco Tacente. Gli altri due candidati sono Mirko Di Bello e Mario Cito.

A Matera infine i candidati sono cinque. Qui la cosa più rilevante è che non c’è il simbolo del PD nonostante uno dei candidati, peraltro tra i favoriti, sia un consigliere regionale del PD. È Roberto Cifarelli, scelto alle primarie aperte convocate ad aprile da un gruppo di cento giovani materani. C’è un altro candidato per il centrosinistra, Vincenzo Santochirico: era stato inizialmente indicato dal centrosinistra, poi aveva deciso di ritirarsi e si è infine ripresentato con una lista civica.

Per il Movimento 5 Stelle c’è Domenico Bennardi, sindaco di Matera fino al 2024, che ci riprova dopo che sei mesi si era  dimesso prima che lo facessero molti dei suoi consiglieri comunali (il comune è commissariato da allora). L’altro candidato molto forte è Antonio Nicoletti, per il centrodestra, ex direttore generale dell’Agenzia di promozione territoriale lucana e attuale direttore generale della Fondazione Matera-Basilicata 2019, anno in cui Matera fu capitale europea della cultura. Infine c’è l’imprenditore Luca Prisco con la sua lista civica.

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