Sono cambiate ancora le regole sui check-in a distanza per gli alloggi turistici
Almeno per ora potrebbero facilitare l'uso delle “key box”, anche se in alcune città resteranno vietate

Il Tribunale amministrativo regionale (TAR) del Lazio ha accolto il ricorso di un’associazione di operatori del settore alberghiero e annullato una circolare del ministero dell’Interno che vietava di fare il check-in a distanza nelle strutture ricettive. Gli operatori del turismo possono quindi tornare a identificare gli ospiti delle loro strutture da remoto tramite varie modalità, dall’invio dei documenti di identità via email o per messaggio all’uso di software molto più specifici che permettono di confermare la veridicità e la corrispondenza dei documenti. L’obiettivo della circolare del ministero era introdurre controlli più stringenti, principalmente per motivi di sicurezza: il TAR ha ritenuto illegittima la richiesta.
Tra le altre cose la circolare rendeva di fatto inutili le key box, delle piccole scatole a combinazione con cui i turisti possono entrare autonomamente negli appartamenti presi in affitto, senza dover incontrare di persona i proprietari per farsi consegnare le chiavi. Il check-in a distanza non è necessariamente legato all’uso delle key box, ma spesso le due pratiche sono associate: di frequente, soprattutto per gli affitti brevi, dopo l’identificazione digitale l’ospite va all’alloggio, trova la chiave nella cassetta e accede, senza incontrare nessuno.
I proprietari di appartamenti per turisti attaccano le key box sui muri o ai cancelli fuori dai portoni delle case. Negli ultimi anni sono diventate molto diffuse soprattutto nelle zone più turistiche delle città: sono considerate uno degli indicatori principali dei problemi del turismo eccessivo, che secondo i critici causa un aumento insostenibile dei costi delle case per i residenti. Varie associazioni di categoria, tra cui l’Associazione italiana gestori affitti brevi (Aigab), sono favorevoli all’identificazione a distanza ma contrarie all’uso delle key box.
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La circolare del ministero dell’Interno era di novembre del 2024 ed era stata applicata a partire da dicembre. Il capo della polizia Vittorio Pisani aveva motivato il provvedimento citando misure di sicurezza, visti anche i numerosi eventi in programma in Italia nei mesi successivi, come il Giubileo. Contestava inoltre che le varie procedure di identificazione degli ospiti a distanza non rispettassero i requisiti già previsti dalla legge, perché per esempio rendevano impossibile sapere chi effettivamente entrava nell’appartamento affittato.
Secondo il TAR però l’identificazione di persona non è necessariamente migliore di quella svolta con strumenti a distanza, e quindi non ci sono basi sufficienti per imporla. Sempre secondo il TAR la necessità di incontrare l’ospite di persona impone un onere aggiuntivo, e non giustificato, sugli affittuari. Il ministero dell’Interno potrà fare ricorso contro la decisione del TAR al Consiglio di stato, il tribunale del secondo grado di giudizio per la giustizia amministrativa.
La circolare era diventata un pretesto usato da alcune città per vietare o rimuovere le key box. A dicembre per esempio la polizia locale di Roma aveva iniziato a toglierle, per via di un’iniziativa del comune, ma un magistrato non aveva convalidato i sequestri. Il comune ci ha riprovato a gennaio, seguendo un’altra procedura in ambito non più penale ma amministrativo. Il comune di Firenze invece ha espressamente vietato di posizionare le key box sul suolo pubblico, con un provvedimento in vigore dallo scorso febbraio. La sentenza del TAR del Lazio di martedì non ha effetti su questi provvedimenti.
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