Sui negoziati per il cessate il fuoco a Gaza non si riesce ad andare avanti
Hamas ha risposto a una proposta di accordo chiedendo delle modifiche già definite «inaccettabili» da Israele e dagli Stati Uniti

Sabato Hamas ha risposto alla proposta di un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza presentata questa settimana dagli Stati Uniti e approvata da Israele. Il gruppo non ha detto chiaramente come ha risposto, ma ha fatto sapere di aver proposto varie modifiche definite «inaccettabili» sia dall’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, sia da Steve Witkoff, l’inviato speciale di Donald Trump per il Medio Oriente che sta conducendo i negoziati a nome degli Stati Uniti. Non è chiaro adesso come proseguiranno le trattative, che da mesi sono inconcludenti per via delle posizioni inconciliabili delle due parti.
Intanto la situazione umanitaria per i civili della Striscia peggiora di giorno in giorno. Israele controlla tutti i confini del territorio e permette l’ingresso di cibo, acqua e medicine in quantità enormemente inferiori rispetto ai reali bisogni della popolazione. L’esercito israeliano sta inoltre espandendo parecchio il suo controllo su gran parte del territorio, anche tramite continui attacchi e bombardamenti.

Civili palestinesi davanti a un magazzino dell’ONU nella Striscia di Gaza (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
La proposta dell’amministrazione statunitense prevede un cessate il fuoco temporaneo nella Striscia di 60 giorni e il rilascio di alcuni prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. In cambio Hamas dovrebbe rilasciare 10 ostaggi vivi e riconsegnare i corpi di altri 18 morti durante la prigionia. Hamas ha acconsentito al rilascio degli ostaggi, ma ha aggiunto di volere garanzie più specifiche per la fine permanente dei combattimenti e il ritiro completo delle truppe israeliane dal territorio della Striscia, due punti che da mesi bloccano le trattative e su cui le richieste di Hamas e Israele sono molto distanti.
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L’ultimo cessate il fuoco fra Israele e Hamas era entrato in vigore nel gennaio del 2025 ed era stato violato da Israele il 18 marzo, quando l’esercito aveva ripreso i bombardamenti e poi le operazioni militari all’interno della Striscia. Allora il governo di Netanyahu si era rifiutato di discutere la terza fase dell’accordo, quella che avrebbe dovuto portare a una pace definitiva.

Una protesta a Tel Aviv, in Israele, per chiedere a Netanyahu di mettere fine alla guerra nella Striscia di Gaza e riportare a casa gli ostaggi presenti, il 31 maggio 2025 (AP Photo/Ariel Schalit)
Israele ritiene che nella Striscia siano ancora presenti 20 ostaggi vivi, e i corpi di circa altri 30. Da tempo le famiglie degli ostaggi criticano Netanyahu e accusano il suo governo di aver ormai abbandonato ogni tentativo di riportarli a casa, preferendo perseguire i propri interessi politici. In generale ultimamente stanno aumentando le pressioni sul governo israeliano per l’interruzione della guerra e dell’assedio alla popolazione civile palestinese, espresse da vari governi, dai media e dall’opinione pubblica occidentali.
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