Alla fine Thom Yorke ha parlato della guerra a Gaza

Il cantante dei Radiohead ha criticato duramente Netanyahu e il governo israeliano, dopo un anno di polemiche

(Roberto Ricciuti/Redferns)
(Roberto Ricciuti/Redferns)
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Venerdì il cantante dei Radiohead Thom Yorke si è espresso pubblicamente sulla guerra condotta da Israele nella Striscia di Gaza e sulla gravissima situazione umanitaria in corso: nell’ultimo anno molti fan e attivisti pro-Palestina lo avevano duramente contestato per non aver preso una posizione chiara sulla questione, accusandolo di appoggiare implicitamente le posizioni del governo israeliano. Le sue dichiarazioni erano quindi molto attese.

Yorke ha usato parole molto nette: tra le altre cose, ha descritto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e i suoi ministri come «una cricca di estremisti», ha detto che la comunità internazionale dovrebbe esercitare tutta la pressione possibile per far sì che Israele ponga fine all’offensiva su Gaza e ha definito le limitazioni all’ingresso di cibo e medicine nella Striscia «orribili». «La scusa dell’autodifesa si è logorata da tempo, e ormai è stata sostituita da un palese desiderio di prendere il controllo di Gaza e della Cisgiordania in modo permanente», ha aggiunto. Yorke si è anche soffermato sugli attacchi del 7 ottobre 2023 di Hamas contro Israele, accusando il gruppo radicale palestinese di «nascondersi dietro la sofferenza del suo popolo, in modo altrettanto cinico, per i propri scopi».

Nella parte finale del suo messaggio, Yorke ha messo in discussione la convinzione secondo cui un musicista debba necessariamente esporsi pubblicamente sui social per commentare le questioni di attualità. «Capisco perfettamente il desiderio di “fare qualcosa” quando assistiamo ogni giorno a sofferenze orribili sui nostri dispositivi. Ha senso. Ma penso sia un’illusione pericolosa credere che ripostare qualcosa o scrivere un post di un paio di righe abbia un significato reale».

Le critiche nei confronti di Yorke si erano intensificate nell’ottobre dello scorso anno, quando un fan lo aveva interrotto chiedendogli di esprimersi sulla guerra a Gaza durante un concerto a Melbourne, in Australia. Yorke aveva preferito lasciare il palco senza rispondere, e nei mesi successivi il suo silenzio era stato interpretato da una parte di pubblico come un presunto disinteresse verso le sofferenze della popolazione civile di Gaza.

Questa lettura è stata incentivata anche da alcuni episodi del passato recente di Yorke: nel 2017 per esempio i Radiohead decisero di tenere un concerto a Tel Aviv, nonostante una cinquantina di musicisti – tra cui Roger Waters, noto sostenitore del movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele (BDS) – avessero firmato una petizione per chiedere loro di annullarlo. Alla fine, pur criticando apertamente Netanyahu, i Radiohead decisero di suonare comunque, sostenendo che il boicottaggio avrebbe penalizzato soltanto i cittadini israeliani, e non il governo.

Negli ultimi mesi anche Jonny Greenwood, chitarrista dei Radiohead e collaboratore di Yorke nel progetto parallelo degli Smile, è stato accusato di legittimare tacitamente l’operato di Netanyahu per via della sua collaborazione con il musicista israeliano Dudu Tassa. A inizio maggio due locali di Londra e Bristol, in Inghilterra, avevano annullato due loro concerti a causa delle proteste del movimento BDS. Alcuni fan lo hanno accostato a Israele anche per ragioni personali: Greenwood è infatti sposato con Sharona Katan, artista visiva israeliana di origini egiziane e irachene.

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