Stare nudi per ore, in posa, per lavoro

Fare il “modello vivente” è un mestiere molto faticoso e molto precario: eppure è ancora diffuso, e per gli artisti è fondamentale

(Getty Images)
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Chiara Marangoni dice che da quando posa per lavoro nelle scuole di disegno vive in maniera diversa lo sguardo degli altri sul suo corpo nudo: «Non c’è oggettificazione o sessualizzazione: è uno sguardo privo di erotismo, di chi studia la linee e le proporzioni del tuo corpo: ti senti guardata nello stesso modo in cui una persona potrebbe guardare un paesaggio, e non mi era mai successo prima».

Da circa due anni Marangoni fa la “modella vivente”, cioè posa come modella nelle scuole di disegno e di pittura, in classi di studenti che si esercitano sul ritratto della figura umana. Lei lo fa nuda, come accade oggi nella maggior parte dei casi per chi fa questo mestiere. Ha iniziato per arrotondare, come molte persone che lo fanno: non è mai diventato un lavoro stabile – oggi è molto difficile, quasi impossibile che lo diventi – e salvo un paio di occasioni in cui ha capito che chi la contattava come modella di nudo in realtà cercava sesso, lo considera un lavoro faticoso ma molto appagante.

Le modelle viventi, così come i modelli viventi, posano per minuti o a volte per ore, in scuole d’arte, scuole di disegno, accademie di belle arti, ed eventi di drink & draw, un tipo di iniziativa sociale a tema che si è diffusa soprattutto negli ultimi anni, in cui gruppi di persone si riuniscono in un luogo per conoscersi e disegnare insieme. L’ultima volta che Marangoni ha posato per un evento di questo tipo era gennaio, in una chiesa sconsacrata di Pisa: «Non vedevo l’ora di posare in quello spazio, che è bellissimo, ma c’erano otto gradi, ho posato nuda per due ore e dentro non c’era il riscaldamento: è stata una tortura», dice.

Una lezione di disegno dal vero all'università di Edimburgo, in Scozia, nel 1954 (Haywood Magee/Picture Post/Hulton Archive/Getty Images)

Una lezione di disegno dal vero all’università di Edimburgo, in Scozia, nel 1954 (Haywood Magee/Picture Post/Hulton Archive/Getty Images)

Le modelle viventi esistono dall’antichità: sculture, quadri, pitture anche diventate molto celebri sono state realizzate prendendo ispirazione da corpi reali, di persone che hanno posato e si sono prestate a essere ritratte, dando origine a immagini durate molto più di loro. A volte con storie che hanno arricchito i racconti di opere diventate più o meno celebri.

Maria Cristina Galli, docente di anatomia artistica all’accademia di Brera, dice che i modelli viventi sono «uno strumento fondamentale» per la formazione di ogni artista, perché allenano lo sguardo a fare l’esercizio più difficile di tutti: «Tradurre una forma viva fatta di carne, pelle, umore in un’opera statica, ferma», dice Galli. La grossa difficoltà sta naturalmente nel fatto che, spiega sempre Galli, «il corpo che si osserva è vivo e oggetto di costanti variazioni, è la forma più difficile in assoluto da rappresentare».

Un dipinto che ritrae una lezione di disegno con un modello vivente nell’Ottocento (Getty Images)

Non esiste un solo tipo di “modella vivente”. Giuseppe Oliveri, che insegna posa dal vero alla scuola di illustrazione Officina B5 di Roma, dice che il tipo di posa cambia moltissimo a seconda del tipo di disegno. Per una lezione di pittura le pose durano normalmente dai dieci ai venti minuti, per una di scultura arrivano a durare anche una o due ore.

Anche nei corsi di fumetto ci sono i modelli viventi, in quel caso con pose più brevi ma fisicamente più faticose. Sono pose che cercano di rappresentare movimenti, azioni come salti o corse, e in cui quindi si sta in equilibrio precario, magari appoggiati su una sola gamba, o con le braccia torte: «In casi come questi la bravura di un modello o di una modella è capire in pochi secondi quali sono i punti di forza e debolezza di una certa posa, in maniera che non diventi insopportabile subito all’inizio», dice Oliveri.

Anche le pose per i corsi di anatomia artistica possono essere fisicamente più impegnative: in quel caso è frequente che l’insegnante chieda al modello o alla modella una posa con torsioni del busto o degli arti, in grado di evidenziare una certa parte della muscolatura o della struttura ossea.

Per fare il modello o la modella vivente ci vuole una buona preparazione fisica, e non solo: Oliveri dice di consigliare a chi posa di fare anche meditazione, per sostenere meglio i minuti o le ore di attesa riuscendo ad astrarsi mentalmente dalla fatica muscolare. Mariangela Imbrenda, modella vivente romana, dice che per lei, che si mantiene con questo lavoro da 15 anni, è fondamentale la propria formazione di attrice teatrale, per interpretare le pose. Imbrenda ritiene che i veri protagonisti della storia dell’arte siano i modelli e le modelle viventi e che «la storia dell’arte andrebbe riscritta dal loro punto di vista».

(Christopher Pillitz/Getty Images)

Ma fare il modello o la modella vivente è anche un lavoro molto precario, che si fa a condizioni per cui la categoria protesta da decenni. Negli anni Settanta un gruppo di modelle viventi femministe e rappresentate dalla CGIL fondarono il “Comitato di lotta delle modelle” per protestare contro la propria instabilità lavorativa, tra mancanza di contratti, pagamenti troppo bassi e orari di lavoro troppo lunghi, a fronte della fatica e dell’impegno richiesti. Il Comitato sosteneva che andassero riconosciute come malattie professionali gli eventuali raffreddori e influenze causate dalle esposizioni al freddo, dagli sbalzi di temperatura e dall’immobilità prolungata richiesti a una modella vivente durante la posa.

Il Comitato sosteneva anche che il mestiere della modella vivente avesse un valore politico perché chi lo faceva era riuscita a «scrollarsi di dosso il condizionamento negativo e sbagliato del mito del nudo-femminile-oggetto».

Sono comunque piuttosto frequenti gli episodi in cui le modelle viventi subiscono molestie. Per questo articolo sono state ascoltate quattro modelle viventi: tre hanno raccontato di aver ricevuto richieste di loro foto nude da parte di uomini che si spacciavano per artisti e dicevano di volerle valutare come modelle. Capita soprattutto nelle scuole di disegno private o in annunci di artisti amatoriali che cercano modelle per dipingere.

Una delle tre modelle in questione ha raccontato di essere stata «tormentata» da un uomo che dopo essersi finto artista e averle chiesto una sua foto aveva preso a inviarle materiale pornografico, contattandola su diverse chat e canali man mano che lei lo bloccava sulle varie piattaforme. In questi casi è bene chiedere alla persona che si presenta come artista il suo portfolio (cioè la raccolta di presentazione dei propri lavori), e cercare di capire bene il progetto prima di inviare qualsiasi materiale e incontrarsi di persona.

Una lezione di disegno con un modello vivente all'inizio del Novecento (Vintage Images/Getty Images)

Una lezione di disegno con un modello vivente all’inizio del Novecento (Vintage Images/Getty Images)

Le proteste più recenti dei modelli e delle modelle viventi, comunque, hanno riguardato le condizioni economiche di questo mestiere. Nel 2008, un gruppo di modelle viventi organizzò una performance di protesta davanti all’università di Roma “La Sapienza” in occasione di una visita del ministro dell’Università e della ricerca Fabio Mussi, per protestare contro le proprie condizioni lavorative. C’è stata una nuova protesta dei modelli viventi anche pochi mesi fa, in questo caso all’accademia di belle arti di Firenze, sempre per gli stessi motivi.

Negli ultimi anni le condizioni lavorative dei modelli e delle modelle viventi sono ulteriormente peggiorate: Maria Teresa Galli dice che all’accademia di Brera, dove insegna, fino a due anni fa lei e gli altri insegnanti avevano a disposizione una decina di modelli e modelle per le proprie lezioni: «Quest’anno ne abbiamo solo tre. Le ragioni sono molte: c’entra una certa tendenza dell’arte contemporanea a considerare questo strumento obsoleto, ma c’entrano soprattutto i tagli alla spesa pubblica destinata all’università e alla ricerca», dice.

Formalmente il ministero dell’Istruzione considera i modelli viventi parte dell’area degli assistenti, categoria che include varie figure tra cui personale amministrativo, tecnico e informatico. Nelle accademie di belle arti così come nei licei artistici i modelli e le modelle viventi vengono assunti con bandi annuali e con contratti di dieci o venti ore settimanali, con un pagamento di 25,82 euro all’ora lordi, quindi una ventina di euro l’ora netti (i modelli e le modelle che lavorano privatamente prendono molto meno, anche otto o dieci euro l’ora).

Mariangela Imbrenda, che lavora soprattutto negli istituti d’arte, dice che le capita ormai regolarmente di venire pagata per le prestazioni annuali solo alla fine dell’anno, quindi in un unico pagamento e non regolarmente, a volte con tre o quattro mesi di ritardo, e di essere intenzionata a organizzare una nuova protesta quest’estate, al ministero dell’Istruzione.

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