Alessandro Giuli e il mondo del cinema stanno provando a fare pace
Il ministero della Cultura ha infine modificato un provvedimento molto criticato dal settore

Dopo diverse settimane di duro scontro verbale, venerdì una delegazione di esponenti del mondo del cinema ha finalmente parlato con il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, da tempo accusato di non fare abbastanza per risollevare il settore dalla crisi produttiva in cui si trova da anni. Sempre ieri Giuli ha pubblicato un provvedimento correttivo con cui modifica varie cose dell’ultimo decreto sul “tax credit”, uno sgravio fiscale che era stato al centro delle polemiche: l’annuncio della riforma, e soprattutto l’incontro informale con il ministro, sono serviti a calmare un po’ le acque.
Il “tax credit” consente di ottenere uno sgravio di fino al 40 per cento delle spese sostenute per fare un film. Era stato pensato per incentivare la produzione di nuove opere cinematografiche, ma le ultime modifiche erano molto criticate da chi lavora nel settore. Ultimamente lo scontro era sfociato in una serie di attacchi anche personali tra Giuli, l’attore Elio Germano e la comica e conduttrice Geppi Cucciari.
La misura esiste da tempo, ma fu potenziata nel 2016 da una legge promossa dall’allora ministro della Cultura Dario Franceschini (del Partito Democratico). Nell’immediato portò a una crescita eccezionale in tutto il cinema italiano e l’attrazione di molte produzioni straniere che sono venute a girare film in Italia. Con la pandemia, le sue conseguenze sul settore e il modo in cui si riprese si verificarono alcune storture che l’anno scorso il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano affrontò imponendo di fatto un blocco dell’erogazione dei fondi. Tra le altre cose Sangiuliano introdusse una serie di misure legate al tax credit considerate molto penalizzanti per i piccoli produttori: venivano richiesti, per esempio, il possesso del 40 per cento di capitali privati al momento della domanda dell’agevolazione fiscale, un investimento minimo in promozione compreso tra 90mila e 300mila euro, e un numero minimo di proiezioni entro quattro settimane dall’uscita del film.
Nel tempo quindi, nonostante i suoi intenti iniziali, il sistema del “tax credit” ha privilegiato soprattutto le produzioni più grosse, e penalizzato invece quelle più piccole, che avevano fatto ricorso contro il decreto di Sangiuliano. Non c’è ancora stata una sentenza: il tribunale competente non si è pronunciato perché era noto che il ministero stesse per cambiare proprio gli aspetti oggetto del ricorso. Il rinvio della sentenza è stato considerato come un’implicita ammissione del fatto che le società che avevano fatto ricorso avessero ragione.
Tutto questo ha avuto ricadute concrete sull’occupazione nel settore cinematografico. Secondo una petizione presentata a marzo da una ventina di associazioni, circa il 70 per cento delle persone che lavorano nel cinema (attori e attrici, registi e registe e autori e autrici, tra gli altri) è senza occupazione da oltre un anno. Secondo i lavoratori del cinema la responsabilità sarebbe da imputare in buona parte al governo di Giorgia Meloni, proprio perché finora non aveva avviato una riforma del “tax credit”.
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Il provvedimento correttivo pubblicato venerdì dal ministero della Cultura, che agisce sull’ultima versione del tax credit (cioè quella definita con il decreto della scorsa estate da Sangiuliano), fa dei passi avanti in questo senso. Introduce due nuovi obblighi principali per chi ne beneficia legati a questioni di trasparenza e di reinvestimento in nuove produzioni di una parte dei proventi ottenuti grazie allo sgravio fiscale. Ma soprattutto elimina alcuni vincoli che erano stati molto criticati da chi lavora nel settore: il primo è quello che imponeva di avere un contratto già firmato con una delle prime venti società di distribuzione italiane, e che rischiava quindi di penalizzare molto i produttori più piccoli e indipendenti; il secondo è quello che obbligava a dimostrare che il 40 per cento della produzione cinematografica fosse coperto da risorse private (nelle quali ora rientrano anche i fondi regionali, come richiesto da molte produzioni).
Viene inoltre ridotto il numero di proiezioni obbligatorie da fare in sala (da 1.200 a 600 per le produzioni con un costo inferiore ai 3,5 milioni di euro). Infine, i beneficiari che dichiarano il falso o presentano documenti carenti non potranno più richiedere lo sgravio fiscale per cinque anni.
Il documentarista Dario Indelicato, che ha partecipato all’incontro con Giuli e ha fondato il movimento “Siamo ai titoli di coda” che rappresenta le maestranze, ha commentato la riforma del tax credit dicendo che ora «possiamo seppellire l’ascia di guerra». Facevano parte della delegazione anche Claudio Santamaria, Giuseppe Fiorello, Andrea Occhipinti, Stefano Massenzi, Corrado Azzollini, Simonetta Amenta, Stefano Rulli e Vittoria Puccini. In un comunicato congiunto con il ministero hanno parlato della ripresa del dialogo in modo positivo, e in generale si sono detti molto soddisfatti della disponibilità mostrata dal ministro. Hanno fatto poi una serie di proposte, tra cui la creazione di un osservatorio che monitori la situazione e l’introduzione di un welfare permanente per i lavoratori e le lavoratrici del settore.