Comprare vestiti al mercato è diventato cool

Per via della maggiore abitudine a comprare usato e della romanticizzazione che ne viene fatta sui social

Il mercato domenicale di Porta Portese (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
Il mercato domenicale di Porta Portese (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
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Alle undici di domenica mattina è difficile camminare tra via Ippolito Nievo e via Portuense, nel quartiere Trastevere di Roma, senza dover rallentare o cambiare direzione. All’ingresso dell’Arco del mercato di Porta Portese c’è un flusso costante di persone. Poco più in là, verso largo Alessandro Toja, di domenica c’è spesso un DJ che suona. La sua postazione è al banco 57, aperto da Sirio, artista romano di trentun anni, durante la pandemia, quando pensò che il mercato fosse rimasto «uno dei pochi luoghi di aggregazione ancora accessibili a tutti».

Porta Portese è da decenni uno dei mercati più noti e frequentati di Roma ma ultimamente lo è più che mai, e l’età media delle persone che lo frequentano si è molto abbassata. Non è l’unico caso: in generale i mercati nelle città italiane sono tornati a essere luoghi di incontro e interesse per le giovani generazioni, che li frequentano sia come acquirenti che come venditori, soprattutto di abbigliamento usato, raccontandolo sui social e creando ulteriore interesse.

Banco 57 è uno degli esempi di questa trasformazione. È diventato un luogo riconoscibile all’interno del mercato, anche per l’organizzazione di eventi, la selezione dei capi e la presenza regolare di musica dal vivo. «Negli ultimi tre anni la zona in cui lavoriamo è molto cambiata, anche per merito nostro», raccontano. «Abbiamo contribuito a rendere questa parte del mercato un punto di ritrovo, e oggi è diventata un’area associata al vintage, cosa che prima non era». Nel 2022 infatti al progetto di Sirio si sono aggiunti altri due soci, appassionati di moda e già clienti del suo banco: la selezione dei vestiti è quindi diventata uno dei suoi punti di forza.

Secondo Patrizia Calefato, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’università di Bari, le motivazioni dietro a questo nuovo afflusso sono tante: «Tra i più giovani c’è voglia di un’esclusività, di un lusso “accessibile” che si può trovare nel mercato. Non si tratta di un lusso legato a firme o marchi, ma di qualcosa che fa parte di una ripresa di un contatto corporeo e fisico con gli indumenti che indossiamo».

Un’altra ragione, secondo Calefato, riguarda il cambiamento nel rapporto con il fast fashion: «Vestirsi con ciò che fino a pochi anni fa era accessibile tramite il low cost è diventato più difficile. I prezzi sono aumentati anche lì e molti giovani sono più consapevoli dell’impatto ambientale e sociale di quel tipo di produzione: dallo spreco, al trattamento del lavoro, ai materiali usati».

I mercati rionali sono tornati a essere luoghi per comprare abiti anche perché spinti dalla popolarità sui social dei video cosiddetti “haul”: cioè quelli in cui i creator mostrano le cose trovate e acquistate al mercato e dicono quanto le hanno pagate. Alcuni profili si sono specializzati nella ricerca di capi di marca rari, contribuendo a rendere il mercato un luogo  più attraente e familiare anche a chi non lo frequentava.

Massimo Brunori, sui social “Strafatto al mercato”, frequenta il mercato da quando era piccolo. Pochi anni fa un suo video su TikTok è diventato virale e da quel momento ha iniziato a pubblicare con costanza video in cui mostra le sue scoperte e i suoi acquisti. Sul suo profilo racconta principalmente i mercati della città in cui vive, Roma, ma ultimamente ha cominciato a raccontare anche quelli di altre città.

Molti creator cercano di coinvolgere la propria comunità online anche nella realtà, con raduni ed eventi proprio nei mercati. Brunori racconta con soddisfazione di aver convinto alcune persone ad adottare un approccio più sostenibile all’acquisto di vestiti, rinunciando ai negozi e concentrandosi sull’usato. Sul suo profilo insiste molto sull’idea che comprare abiti di seconda mano non significhi accontentarsi, ma scegliere capi “con una storia”, che proprio perché vissuti acquistano valore.

Oggi organizza visite guidate per chi lo segue. L’obiettivo, dice, è «dare strumenti per capire come comprare meglio al mercato», una delle domande che riceve più spesso. Si tratta di insegnare «come capire se una cosa è di valore». Un’altra influencer che dedica molti contenuti alla ricerca di abiti usati al mercato è Giada Zappa, che ha organizzato ritrovi con le sue follower per esplorare i mercati di Roma, Milano e Lecce. L’idea dietro il tour era di creare un momento di socialità con chi la segue, ma anche condividere le conoscenze che ha accumulato negli anni: durante gli appuntamenti aiuta a riconoscere i capi di qualità, distinguere il fast fashion e capire come trattare i vestiti per farli durare.

Tra i creator che fanno questi contenuti ce ne sono anche alcuni che mostrano come rivendono online ciò che trovano a pochi euro al mercato, usando piattaforme di compravendita di usato come Vinted e guadagnandoci. Le app di compravendita rendono questo passaggio particolarmente facile, e danno l’impressione che basti poco per trasformare una passione per lo shopping in una fonte di guadagno. È un tipo di attività che spesso riceve critiche su internet, perché considerata da molti una forma di speculazione. Chi fa questo lavoro da tempo spiega che non si tratta solo di comprare e rivendere un oggetto a un prezzo maggiorato: è un lavoro per cui serve conoscere bene il mondo della moda e fare molta ricerca.

Tommaso, ad esempio, è un appassionato di Nike, in particolare di felpe vintage. Qualche anno fa ha aperto un sito e un profilo Instagram, selloutfromcommercio, attraverso i quali, da sei anni, vende pezzi rari – soprattutto articoli sportivi degli anni ’80, ’90 e 2000 – che trova nei mercati. Pubblica anche video su Instagram e TikTok dove mostra i pezzi che acquista dicendo quanto li ha pagati.

Negli ultimi tempi Tommaso ha notato che la nicchia di prodotti di cui si è sempre occupato è sempre più affollata di compratori e rivenditori, anche per effetto della crescente quantità di video che mostrano questo mondo. Per questo ora presta più attenzione a cosa condivide sui social. È convinto però che si tratti di una fase passeggera: «Quando ci si accorgerà che vendere non è così facile come sembra, la bolla scoppierà e chi lo faceva da prima continuerà a farlo».

Silvia, “Sugar Mama Vintage”, si occupa di comprare e rivendere vestiti da circa 12 anni; in particolare si occupa di capi vintage. Il suo percorso in questo settore è strettamente legato al mercato, come spiega: «Ci andavo fin da piccola perché mia nonna frequentava il mercato e io ho portato avanti questa abitudine perché mi è sempre piaciuta l’idea di vestirmi in maniera unica». In questo tempo Silvia ha visto cambiare molte cose. Nei mercati è cresciuta la presenza di capi fast fashion usati, spesso poco durevoli. «Questo ha fatto salire parecchio i prezzi della merce di qualità», osserva.

Secondo Patrizia Calefato però l’interesse crescente per i mercati rionali è un fenomeno ricorrente: «Non è una novità che ai mercati vadano persone di ogni classe sociale», spiega. «È una tendenza che riemerge in alcuni momenti storici, legata a una trasformazione più ampia dei consumi culturali». In questa fase, dice Calefato, il ritorno ai mercati può essere letto anche come una risposta a un contesto percepito come povero di alternative culturali, un tentativo di costruire nuove forme di relazione e socialità in spazi pubblici accessibili.