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  • Giovedì 19 giugno 2025

Erano anni che Cambogia e Thailandia non litigavano così per il loro confine

C’entrano degli spari in una zona contesa, i film thailandesi e la registrazione di una telefonata poco appropriata

Un soldato cambogiano guarda il confine con la Thailandia dall'antico tempio di Preah Vihear, considerato il simbolo delle contese territoriali fra Cambogia e Thailandia, 9 febbraio 2011
(Paula Bronstein/Getty Images)
Un soldato cambogiano guarda il confine con la Thailandia dall'antico tempio di Preah Vihear, considerato il simbolo delle contese territoriali fra Cambogia e Thailandia, 9 febbraio 2011 (Paula Bronstein/Getty Images)
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Dalla fine di maggio si è riaccesa una disputa territoriale tra Cambogia e Thailandia che esiste da decenni, ma che da tempo non aveva ripercussioni tanto evidenti: ci sono stati scontri a fuoco fra i militari di entrambi gli eserciti, i due governi hanno attuato una serie di ritorsioni e dal caso è nata anche una crisi politica interna che sta mettendo in grande difficoltà il governo thailandese. C’entra anche la Corte internazionale di giustizia, il principale tribunale delle Nazioni Unite: la Cambogia l’ha interpellata per chiedere di stabilire l’appartenenza territoriale di quattro aree contese. La Thailandia non è d’accordo nemmeno sull’interpellare la Corte. Andiamo con ordine.

La Cambogia e la Thailandia condividono un confine di circa 820 chilometri, che in alcune zone è conteso. Questa disputa esiste da oltre un secolo e parte da una mappa del 1907 con cui la Francia, che occupò come potenza coloniale la Cambogia fino al 1953, tracciò per la prima volta il confine fra i due paesi (la Thailandia sostiene che la mappa non sia vincolante oggi). Per quanto rilevante, questo è solo uno dei tanti motivi dell’inimicizia fra Cambogia e Thailandia, basata su differenze culturali e storiche molto profonde, riconducibili ai secoli in cui i due paesi erano governati da imperi rivali.

Gli scontri a fuoco sono avvenuti nell’area di confine chiamata dai thailandesi “Triangolo di Smeraldo”, un piccolo pezzo di terra molto verde dove si incontrano Thailandia, Cambogia e Laos. È uno dei vari punti di confine che sia Thailandia sia Cambogia rivendicano come appartenente ai loro territori. Lo scorso 28 maggio i soldati cambogiani e thailandesi hanno iniziato a spararsi contro dalle postazioni dove erano stanziati sul confine, e un soldato cambogiano è stato ucciso. I due eserciti si sono accusati reciprocamente di aver iniziato a sparare per primi, e ancora non è chiaro come siano effettivamente andate le cose.

La prima ministra thailandese Paetongtarn Shinawatra durante una conferenza stampa sul tema dei rapporti con la Cambogia a Bangkok, il 17 giugno 2025 (ANSA/EPA/NARONG SANGNAK)

L’episodio ha rafforzato sentimenti nazionalisti fra le popolazioni di entrambi i paesi e ritorsioni da parte dei due governi. Sia Cambogia sia Thailandia hanno ridotto la durata dei visti per i cittadini dell’altro paese. La Thailandia ha imposto restrizioni alle frontiere con la Cambogia, limitando gli orari in cui è possibile attraversare il confine. Ha anche vietato ai turisti e ai cittadini thailandesi di farlo per andare a visitare o a lavorare a Poipei, una città cambogiana la cui economia si basa sulla presenza di otto casinò (per questo spesso paragonata a Las Vegas) frequentati quasi solamente da cittadini thailandesi (motivo per cui anche lo staff è composto da molte persone della stessa nazionalità).

La Cambogia invece ha vietato i film thailandesi in TV e nei cinema, ha chiuso un varco alla frontiera e si è progressivamente staccata dalle forniture di internet ed energia che arrivavano dalla Thailandia, dopo che il governo thailandese aveva minacciato di interromperle unilateralmente. Martedì ha anche vietato l’esportazione di frutta e verdura in Thailandia, dopo averla avvertita che l’avrebbe fatto se il governo thailandese non avesse eliminato le restrizioni alle frontiere. Mercoledì c’è stata una manifestazione di solidarietà per il governo a Phnom Penh, la capitale della Cambogia, a cui hanno partecipato decine di migliaia di persone.

Una parte dei partecipanti alla manifestazione a favore dell’operato del governo cambogiano a Phnom Penh, in Cambogia, il 18 giugno 2025 (Wu Changwei/Xinhua via ZUMA Press/ANSA)

In questi giorni una delegazione thailandese e una cambogiana si sono incontrate per cercare di risolvere la questione in modo diplomatico, ma nel frattempo è sorto un altro grosso problema fra i leader dei due paesi che ha momentaneamente destabilizzato la situazione, e sta mettendo in grande difficoltà il governo thailandese.

Pochi giorni fa, infatti, è trapelato l’audio di una conversazione sulla crisi avvenuta fra la prima ministra thailandese Paetongtarn Shinawatra e Hun Sen, l’ex primo ministro della Cambogia che ha governato il paese per quarant’anni prima di cedere il posto a suo figlio Hun Manet nel 2023. Oggi Hun Sen è presidente del Senato cambogiano e ancora una figura importantissima nella politica del paese. La famiglia di Paetongtarn e quella degli Hun sono legate da decenni, al punto che Hun Sen e il padre di Paetongtarn, l’ex primo ministro Thaksin Shinawatra, si considerano come fratelli.

Nella chiamata di 17 minuti Paetongtarn (che ha 38 anni) ha un atteggiamento molto deferente nei confronti di Hun (che ne ha 72), lo chiama «zio» e promette di «prendersi cura» delle sue necessità. In un altro momento è sembrata voler screditare l’operato di un comandante dell’esercito thailandese che si stava occupando delle tensioni al confine, dicendo che lui «voleva solo sembrare figo e diceva cose che non sono utili».

Hun Sen ha detto di aver condiviso l’audio con 80 politici e che uno di loro l’aveva fatto trapelare e ha poi pubblicato l’intera conversazione sulla sua pagina Facebook. Dopo questa rivelazione Paetongtarn si è scusata pubblicamente e ha dichiarato che non avrebbe più partecipato a colloqui privati con lui. Si è giustificata dicendo che si trattava di una «tecnica di negoziazione», ma l’opinione pubblica l’ha molto criticata, sostenendo che non avesse potere e credibilità negoziale con la Cambogia. Mercoledì il Bhumjaithai, il secondo più grande partito che sostiene il governo di Paetongtarn, è uscito dalla coalizione.

Un incontro fra la delegazione cambogiana e thailandese a Phnom Penh, in Cambogia, il 14 giugno 2025 (AP Photo/Heng Sinith, File)

Come detto, domenica scorsa la Cambogia ha inoltre annunciato di aver chiesto formalmente di occuparsi della questione alla Corte di giustizia internazionale, che fra le altre cose si occupa anche di risolvere i contenziosi territoriali fra gli stati che riconoscono la sua giurisdizione. La questione sta avendo un impatto sui negoziati bilaterali fra i due paesi, dato che la Cambogia chiede alla Thailandia di escludere dalle conversazioni le aree su cui ha chiesto di esprimersi alla Corte, cosa a cui quest’ultima si oppone.

La Cambogia ha chiesto alla Corte di stabilire l’appartenenza territoriale di quattro aree di confine: tre sono intorno a tre importanti templi che la Cambogia chiama Tamone Thom, Tamone Touch e Ta Krabey; e la quarta è l’area di Mom Bei, più a est, che è dove i soldati si sono scontrati a fine maggio. La Thailandia chiama invece i templi Ta Muen Thom, Ta Muen Toch, Ta Kwai, mentre l’area a est è identificata come Chong Bok, o Triangolo di Smeraldo.

La Thailandia non riconosce la giurisdizione della Corte, e ritiene quindi che questa non possa decidere sui territori contesi. In passato però la Corte è già stata interpellata per risolvere una questione territoriale fra i due paesi e per questo la Cambogia sostiene che possa farlo ancora, anche se si tratta di altre aree.

La Cambogia chiese alla Corte di esprimersi per la prima volta nel 1959, quando la Thailandia ancora riconosceva la sua giurisdizione: il tema della contesa era il tempio indù Preah Vihear, dove la Thailandia aveva stanziato delle truppe e che si trova sul confine e al centro fra le prime tre aree di cui si sta parlando negli ultimi giorni e Chong Bok. Già nel 1960 la Thailandia disse che non riconosceva la giurisdizione della Corte, che però la obbligò a partecipare sulla base del fatto che la richiesta era stata depositata prima che si ritirasse. Nel 1962 la Corte stabilì che il tempio apparteneva alla Cambogia, ma non si espresse sull’area circostante, grande circa 5 chilometri quadrati.

La questione passò poi in secondo piano a causa della guerra civile in Cambogia, che si concluse nel 1990. Tornò di attualità nel 2008, quando il tempio fu dichiarato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità. La Cambogia chiese alla Corte di esprimersi nuovamente nel 2011, e due anni dopo la Corte stabilì che fosse cambogiana anche l’area circostante. L’ultimo serio momento di crisi sui confini prima di quello attuale risale proprio al 2011, quando circa 28 persone furono uccise e decine di migliaia se ne andarono dalle aree di confine a causa di combattimenti fra i due eserciti.